«Questa legge colpisce i cittadini non ebrei di Israele. Mi sento discriminato, ‎perciò lascio le Forze armate». Safa Mansour, druso e medico militare della ‎‎91esima divisione dell’esercito, ai microfoni della radio statale ha condannato ‎pubblicamente legge approvata lo scorso 19 luglio dalla Knesset che definisce ‎Israele come ”Stato nazione del popolo ebraico” e descrive la biblica “Eretz ‎Israel”, la Palestina storica, come una terra appartenente agli ebrei. Il testo peraltro ‎non contiene riferimenti espliciti all’uguaglianza tra ebrei e non ebrei e ha ‎declassato l’arabo fino a qualche giorno fa lingua ufficiale di Israele come ‎l’ebraico. Per un milione e mezzo di arabo israeliani, i palestinesi cittadini ‎d’Israele, la legge non è una sorpresa. La contestano con forza, ne comprendono i ‎suoi pericolosi risvolti futuri ma allo stesso tempo la vedono come un atto nero su ‎bianco che ufficializza le discriminazioni alle quali sono soggetti sin dalla ‎fondazione di Israele 70 anni fa. Per 130mila drusi, o gran parte di essi, invece è ‎stato uno choc. Si sentono traditi, ingannati, messi sullo stesso piano degli arabo ‎israeliani. Sono l’unica minoranza non ebraica che fa il servizio militare ‎obbligatorio. I drusi combattono e talvolta muoiono per Israele. Nei Territori ‎palestinesi occupati reprimono con violenza, arrestano, fanno il lavoro sporco e ‎adesso scoprono di essere cittadini di serie B. Il brit damim, il “patto di sangue” ‎che dal 1948 li legherebbe agli israeliani ebrei, si è rivelato una frase su un foglio ‎di carta. Gli “arabi modello” a conti fatti sono soltanto degli arabi.

‎ Un colpo al quale Safa Mansour e altri due ufficiali drusi hanno risposto ‎annunciando di non voler più far parte delle Forze armate. Altri potrebbero ‎seguire il loro gesto. Uno dei tre, Amir Jamal, è stato sospeso per 15 giorni e il ‎capo di stato maggiore Eisenkot ha fatto la voce grossa esortando i militari drusi a ‎mettere da parte la politica e a credere nella piena uguaglianza nei ranghi ‎dell’esercito dove, a suo dire, non esisterebbero differenze tra fedi ed etnie diverse. ‎Un appello analogo è giunto anche dal generale di brigata Ghassan Alian, ‎l’ufficiale druso più alto in grado. Parole che forse non basteranno, è probabile che ‎la legge approvata dalla Knesset favorisca l’aumento del numero degli obiettori tra ‎i giovani drusi già in atto da alcuni anni. «Sono convinto che tanti nostri giovani ‎adesso sceglieranno di non fare il servizio di leva, nonostante le sanzioni previste ‎dalla legge‎ – dice al manifesto Samer Sweid, un attivista della compagna per ‎l’obiezione di coscienza – Da anni lavoriamo per questo e la nuova legge appena ‎spingerà tanti ragazzi a ripensare al proprio status nella società israeliana e al loro ‎ruolo nelle forze armate di Israele».‎

‎ L’alleanza tra Israele e i drusi – fede religiosa di origine sciita-ismailita divenuta ‎nel corso dei secoli di fatto anche una etnia, in ragione della spiccata tendenza ‎nella comunità dell’endogamia – risale a prima della nascita dello Stato ebraico. Il ‎movimento sionista e i più importanti leader religiosi drusi in Galilea avviarono ‎rapporti stretti a danno del nazionalismo palestinese. Rapporti che dopo la ‎fondazione di Israele sfociarono nella definizione di uno status speciale per i ‎cittadini drusi, molti dei quali rimarcano la “differenza” dai palestinesi. Oggi ‎diverse migliaia di drusi si proclamano “sionisti”. Un loro rappresentante, il ‎ministro Ayoub Kara, è noto per i suoi toni sempre accesi contro gli arabi. Allo ‎stesso tempo non tutta la minoranza drusa appoggia l’integrazione totale nel ‎sistema israeliano e la partecipazione alle Forze armate. Due celebri intellettuali ‎drusi, entrambi scomparsi qualche anno fa, come il poeta Samih al Qassem e lo ‎scrittore Salman Natour, si sono sempre dichiarati parte della nazione palestinese. ‎I drusi del Golan, territorio occupato da Israele nel 1967, a differenza dei loro ‎fratelli in Galilea si proclamano con orgoglio cittadini siriani.

‎ Sabato migliaia di drusi israeliani parteciperanno a Tel Aviv a una ‎manifestazione in cui invocheranno un emendamento a loro favore della legge su ‎Israele Stato nazionale del popolo ebraico che dovrebbe essere ripresa in esame l’8 ‎agosto dalla Knesset. Il governo comunque resta compatto nella difesa della legge ‎malgrado le critiche espresse dal capo dello stato Rivlin e da decine di artisti, ‎intellettuali e scrittori ebrei. La giornalista di Haifa Nahed Dirbas crede che la ‎protesta drusa sia destinata a scemare nelle prossime settimane.‎ «Aumenteranno gli ‎obiettori ma alla fine a decidere per tutta la comunità drusa saranno come sempre i ‎capi religiosi» ci dice «e con ogni probabilità si accontenteranno delle ‎rassicurazioni del governo».‎
‎ ‎