Dopo aver tuonato, ora Luca Zaia ammorbidisce i toni sul caso dei bonus Inps da 600 euro che ha coinvolto anche tre dei suoi fedelissimi.

«Prima di decidere voglio parlare con ognuno di loro. Io una decisione ce l’ho già in testa, ma li conosco, sono veneti, prima voglio sentirli», ha affermato il presidente uscente del Veneto. Più duro invece il segretario regionale del Carroccio Lorenzo Fontana che ha ribadito la linea nazionale del partito, confermata da Matteo Salvini: escludere dalle liste chi ha fatto domanda per il bonus. Ma Zaia vuole avere l’ultima parola: «Confermo la posizione di Fontana, che è la posizione mia», in ogni caso, «la decisione spetta a me e darò comunicazione dopo che li ho incontrati».

In un primo momento Zaia aveva minacciato di impedire ai coinvolti di candidarsi. Una volta usciti i nomi – quelli del suo vicepresidente Gianluca Forcolin e dei due consiglieri regionali Riccardo Barbisan e Alessandro Montagnoli – però ha ricalibrato la sua intransigenza.

L’incontro in cui verranno esaminati i tre casi è previsto per oggi, ma già trapela la possibile via d’uscita: «Voglio ricordare che le situazioni sono diverse: da un lato abbiamo due casi di consiglieri che hanno fatto richiesta del bonus e lo hanno elargito ad altre realtà, e per quanto riguarda il terzo caso, quello del vicepresidente, la domanda è stata fatta direttamente dallo studio associato. Per cui siamo in presenza di una domanda che è morta sul nascere», ha dichiarato ieri Zaia. Per il vice Forcolin non è dunque detta l’ultima parola.

A poco più di un mese di distanza dalle elezioni regionali, chi in un’intervista, chi con un post su Facebook, i leghisti veneti coinvolti nella faccenda hanno raccontato la propria versione dei fatti. Forcolin, pezzo da novanta della Lega veneta, ha spiegato che lo studio associato di commercialisti di cui è socio di minoranza ha presentato domanda per soci e clienti, ma la richiesta è stata respinta. «Carte alla mano ho bloccato l’invio di ulteriore documentazione all’Inps dopo aver saputo che dal mio studio erano state inoltrate richieste di bonus a favore di tutti i soci», ha aggiunto.

Il trevigiano Barbisan e il veronese Montagnoli, invece, hanno ricevuto la somma, ma hanno dichiarato di averla donata in beneficenza. Il primo, che ha versato la somma sul conto corrente aperto dal comune di Treviso per le famiglie in difficoltà, non si dice pentito: «Quei 600 euro li ho sentiti in più fin da subito», ha affermato, «ma sono contento di averli tolti a Roma e dati a Treviso che era stata penalizzata nell’assegnazione dei buoni alimentari. Treviso aveva ricevuto molti meno soldi di città simili per popolazione. Se ho potuto aiutare chi era più in difficoltà nella mia città, non mi sento colpevole».

«Devono uscire tutti i nomi, non solo questi», ha affermato Zaia. Pur ricordando che non si tratta di un reato, il presidente uscente ha affermato che una mancata trasparenza porterebbe a un clima «da caccia all’untore».