Nei giorni passati è uscito allo scoperto, in Irlanda del Nord, l’ennesimo gruppo di dissidenti repubblicani contrari a un processo di pace che oramai pare in stallo da molti mesi, e precisamente dalle dimissioni, in gennaio, e dalla successiva dipartita, due mesi dopo, del leader storico di Sinn Féin nel Nord, Martin McGuinness, allora co-premier del governo misto.

Nella zona di Poleglass, a Belfast, è stata rinvenuta dalla polizia una granata in grado di perforare la corazza di veicoli blindati, ed è subito seguita la rivendicazione di un’organizzazione chiamata Arm na Poblachta (Esercito repubblicano). Della nuova formazione si parla già dalla fine dell’estate, ma è questa la prima occasione in cui si è materialmente manifestata. La scoperta segue quella di un lanciarazzi ritrovato nel villaggio di Dundrod, nella contea di Antrim, la settimana passata, da collegarsi alle fitte attività paramilitari dei cosiddetti dissidenti.

Sono settimane di intensa attività all’interno della dissidenza, e anche di repressione. Nei giorni scorsi l’ex capo della Real Ira, Seamus McGrane, passato a guidare l’altra organizzazione, ritenuta ben più pericolosa, Oglaigh na hEireann (Soldati/Volontari d’Irlanda), è stato condannato per il reato di appartenenza all’Ira, dopo aver tentato di orchestrare un attacco simbolico durante la visita dei reali britannici in Irlanda nel 2015.

Sempre la settimana scorsa sono stati arrestati, ma subito rilasciati, i vertici di Saoradh, la formazione dissidente di impronta socialista rivoluzionaria, tra cui il presidente Davy Jordan e il responsabile nazionale dell’organizzazione, Joe Barr (intervistati dal manifesto il 1 marzo 2017). L’arresto è collegato a un nuovo tipo di esplosivo piazzato sotto un’auto della polizia a settembre, e poi rivendicato dalla New Ira.

Nel frattempo, i negoziati tra Sinn Féin e Dup per la ripresa della condivisione dell’Esecutivo nordirlandese sembrano arenati. L’impasse è dovuta principalmente al netto rifiuto degli unionisti di fare concessioni sul riconoscimento dell’irlandese come una delle lingue ufficiali dello Stato. Altre questioni scottanti sono i diritti delle coppie omosessuali, che il Dup si ostina a non voler vedere riconosciuti, e la richiesta delle famiglie delle vittime del Conflitto di perseguire legalmente i membri dell’esercito britannico colpevoli di crimini di guerra e di collusione con le organizzazioni paramilitari e le squadracce lealiste.

Nei fatti, la posizione del Dup è avallata dal governo May che si regge proprio sull’appoggio dei pochi unionisti guidati da Arlene Foster, per altro colpevole di non aver chiarito la propria posizione nei confronti di uno scandalo di 500 milioni di sterline legato alla corruzione. La situazione è poi complicata dalla decisione del segretario di Stato britannico per il Nord, James Brokenshire, di presentare al parlamento di Westminster, e di fatto imporre, la legge di bilancio riguardante l’Irlanda del Nord, la cui approvazione corrisponderebbe alla fine della devolution e al ritorno del governo di Londra.

Non pochi analisti parlano di un de profundis degli Accordi del Venerdì Santo 1998 che consolidarono un processo di pace portando all’esecutivo misto che, fino al gennaio scorso, assumeva su di sé tutte le responsabilità di bilancio. Brokenshire si è detto disposto a ritirare la proposta qualora le parti trovino un accordo, ma la sensazione è che un tale scenario non converrebbe al Dup la cui posizione è notevolmente rafforzata da quando i suoi voti sono indispensabili per la tenuta del governo britannico.