SOULVILLE (1964)

Inciso negli anni, non particolarmente fortunati, del suo periodo con la Columbia Records, Soulville è un brano importante per molte ragioni. La canzone era parte di un album tributo a una grande fonte di ispirazione per l’artista di Detroit, Dinah Washington, cantante morta nel dicembre 1963, una delle grandi interpreti dell’epoca con Ella Fitzgerald, Sarah Vaughan e Billie Holiday. La Columbia voleva fare di Aretha un’interprete in quella tradizione, ma proprio il brano Soulville, l’ultima canzone incisa dalla Washington, mostrava nuove direzioni: la dinamica r’n’b, il pop, il gospel, la grinta funky. La ricetta che pochi anni dopo diverrà il marchio di fabbrica delle interpretazioni di Aretha.

I NEVER LOVED A MAN (THE WAY I LOVE YOU) (1967)

Il primo grande successo di Aretha, stampato dalla Atlantic, fu inciso, sotto la direzione del produttore Jerry Wexler, nel gennaio del 1967 ai Muscle Shoals Sound Studio di Sheffield, Alabama, diventato poi uno dei luoghi di culto della musica americana. Il brano, scritto da Ronnie Shannon, fu inciso in un giorno solo e le registrazioni furono quantomeno agitate. I sessionmen impiegati dallo studio erano tutti bianchi. Ken Laxton, il trombettista, si permise di fare un commento nei confronti di Aretha che la cantante e il rissoso marito Ted White (che per l’occasione era ubriaco) ritennero razzista. Scoppiò una baraonda. Le registrazioni furono interrotte. Aretha scappò e si rese irreperibile per due settimane. Il brano venne comunque stampato come 45 giri. In due settimane aveva già venduto 250mila copie. Era nata una stella.

RESPECT (1967)

Quasi nessuno si ricorda che la versione originale di questo brano fu interpretata nel 1965 da Otis Redding. Aretha adottò il brano trasfigurandolo, cambiandone il testo e trasformandolo non solo in una canzone autenticamente sua, ma in uno dei brani più popolari dell’era pop. L’interpretazione definì il suono del nuovo soul r’n’b. Per la cantante fu il primo numero 1 nella classifica di Billboard e le valse il suo primo Grammy. Divenne anche un inno delle campagne per i diritti civili e del movimento femminista. Aretha e la sorella Carolyn ebbero l’idea di inserire nel brano la frase «sock it to me» espressione gergale (significa «dammelo» o «fammi vedere quello che sai fare»), poi diventata di uso comune, che aveva una inequivocabile connotazione erotica.

(YOU MAKE ME FEEL LIKE) A NATURAL WOMAN (1967)

Un altro brano destinato a diventare uno standard. Il produttore Jerry Wexler si stava rendendo conto delle incredibili potenzialità di interprete di Aretha Franklin. Incontrò un giorno Carole King e il marito Gerry Goffin che come autori stavano sfornando hit a ripetizione per altri interpreti. Suggerì loro il tema di una canzone dedicata alla «donna naturale» che rinasce grazie all’amore. I due autori scrissero per l’occasione questo pezzo. La voce di Aretha fece il resto.

CHAIN OF FOOLS (1967)

È impossibile non trovare un classico tra i singoli pubblicati da Aretha nel 1967. Questo brano scritto da Don Covay, fu l’ultimo 45 giri pubblicato nel suo anno d’oro. Come tante sue canzoni parla di una donna delusa che si scopre umiliata da un uomo violento che la tradisce («Sono solo l’anello di una tua catena, sono solo una stupida»). L’immagine della persona sfruttata e presa in giro non colpì solo l’universo femminile, ma in quegli anni interpretò meglio di tante altre canzoni impegnate la condizione dei soldati di leva americani, soprattutto neri, che venivano spediti in Vietnam.

THINK (1968)

Ted White fu un pessimo marito, picchiava regolarmente Aretha, e per ambizioni personali era fortemente motivato a imporla come una star. Il suo nome compare accanto a quello della moglie come autore di questo storico brano che sembra proprio dedicato a lui: «Pensa, pensa a quello che mi stai facendo, non devi essere un genio per capire quello che mi stai facendo». La coppia divorzierà l’anno dopo. Il brano riproposto nel film The Blues Brothers servì anche a rilanciare all’alba degli anni Ottanta la carriera della regina del soul che aveva sofferto il boom della discomusic di quegli anni.

I SAY A LITTLE PRAYER (1968)

Un’altra canzone che la Franklin ha fatto sua. Scritta da Burt Bacharach per Dionne Warwick venne interpretata quasi per gioco durante le pause di una session in studio da Lady Soul e dalle sue coriste, le Sweet Inspirations. Ne crearono una versione nuova che piacque e fu registrata come lato B di un 45 giri. Ma ben presto il brano conquistò le radio e il pubblico, diventando uno dei suoi maggiori successi.

DON’T PLAY THAT SONG (YOU LIED) (1970)

Spesso ci si dimentica che Aretha era anche una pianista e, un po’ come Fats Domino o Little Richard, era in grado di creare qualcosa di unico quando si esibiva al pianoforte. Questo brano del 1970 è una delle migliori testimonianze raccolte su disco. Un grande ammiratore del suo modo di suonare era Keith Richards. Nel 1986 il chitarrista degli Stones incise una versione di Jumpin’ Jack Flash per un film con Whoopi Goldberg, Aretha Franklin doveva cantarla, ma Richards insistette perché suonasse anche l’accompagnamento.

AMAZING GRACE (1972)

Dopo anni di successi nella classifica pop Aretha tornò alla musica della sua infanzia con un disco di standard gospel e di brani di ispirazione religiosa inciso dal vivo alla New Temple Missionary Baptist Church di Los Angeles. Il disco, pubblicato nel 1972, nonostante fosse ben diverso dalle raccolte che lo avevano preceduto, raccoglierà due dischi di platino, diventando l’album più venduto nella carriera dell’artista e il disco gospel più venduto di sempre, portando all’artista anche l’ennesimo Grammy Award. Nel classico canto anglicano Amazing Grace la voce di Aretha brilla come non mai, in una strabordante versione di quasi 11 minuti. Nel 2015, con una voce meno cristallina ma con la grinta di sempre, ha eseguito il brano davanti a papa Francesco a Filadelfia in occasione della visita negli Stati Uniti del pontefice.

FREEWAY OF LOVE (1985)

Negli anni Ottanta l’industria musicale che aveva lanciato Aretha Franklin e tutta la scena soul e r’n’b era profondamente cambiata. Ma la regina del soul non era ancora pronta per la pensione. Lo dimostrò mettendosi al lavoro con Dave Stewart degli Eurythmics e Narada Michael Walden per un album che doveva seguire più il sound Eighties e rinnovare la sua immagine. Ne uscì Who’s Zoomin’ Who? che dimostrò come la sua voce fosse in grado di conquistare anche la generazione di MTV. Freeway of Love divenne uno dei suoi classici, ma l’album produsse sei singoli tra cui il memorabile duetto femminista con Annie Lennox Sisters Are Doin’ it for Themselves. L’anno dopo Aretha era ancora in classifica con la cover di Jumpin’ Jack Flash e soprattutto con I Knew You Were Waiting (For Me) cantata in coppia con George Michael.