Raccontare la vicenda AstraZeneca, le sospensioni imposte alla campagne di vaccinazione decise dalla politica, cioè raccontare i rapporti difficili tra scienza e politica, perché di questo si tratta, come se la politica non avesse un ruolo, o ancora come se la scienza fosse autoriferita quindi senza rapporti per esempio con l’economia o come se la scienza fosse pura moralità, ci porta dritti a una spiegazione naif della questione quando la realtà è oggettivamente più complessa.

E’ difficile pensare che tutta la vicenda sia avvenuta solo in nome della scienza e della conoscenza, e che la sospensione delle vaccinazioni alla fine sia solo un vantaggio scientifico quindi un vantaggio sociale. Ma non per trame oscure che non esistono, o perché ci sono in ballo tanti di quei soldi che è logicamente impossibile immaginare una scienza autonoma dagli interessi, ma solo perché normalmente i rapporti tra scienza politica, economia non sono né semplificabili né riducibili.

Siccome non credo che la Merkel sia una adepta della Spectre, mi si permetta tuttavia di invocare il diritto alla legittima suspicione e quindi di non rinunciare ai dubbi, alle curiosità, ai sospetti.

La prima cosa che mi ha colpito di tutta la faccenda AstraZeneca è che alla fine della fiera il valore scientifico aggiunto sul vaccino in questione è risibile o meglio conferma quello che già si sapeva e cioè che “i benefici sono maggiori dei rischi”. Che si scopra un fenomeno raro e marginale come le trombosi mentre si giustifica l’approfondimento scientifico da parte degli organi competenti, proprio in ragione della sua estrema improbabilità, non giustifica il blocco nel mondo delle campagne vaccinali.

Ma allora perché la politica senza una vera giustificazione scientifica ha bloccato la vaccinazione? Solo per un principio precauzionale? O il principio precauzionale è la foglia di fico per coprire dell’altro? E’ blasfemia pensare che, con i problemi politici in casa, Merkel ha piegato ad un uso politico il principio di precauzione?

La seconda cosa che mi ha colpito è la scienza che smentisce la scienza: l’istituto Paul Ehrlich di fatto ha contestato l’Ema per aver autorizzato il vaccino AstraZeneca segnalandogli nuovi problemi e l’Ema ha risposto all’istituto tedesco sostenendo che i suoi rilievi sono irrilevanti.

Che nella scienza si discuta non è un problema, conosco il principio di autocorrezione, ma diventa un problema in una pandemia. In nome dell’evidenza spesso la scienza, senza pudore e imbarazzo, dice pubblicamente tutto e il contrario di tutto. Si prenda l’ esempio proprio del vaccino Astra Zeneca: prima limitato a 55 anni poi a 65 anni poi senza limiti di età ed ora, come in Francia, solo da 55 anni in poi. Nel campione sperimentale di AstraZeneca gli anziani presenti erano solo il 13 % quindi in ragione di ciò non c’erano sufficienti evidenze per estendere il vaccino alle persone anziane. Se le evidenze sono scarse come fa la scienza a teorizzare un vaccino erga omnes? Questa è una decisione scientifica o una decisione politica?

La terza cosa che mi ha colpito sono le relazioni scorrette tra la scienza e la politica. L’istituto Paul Ehrlich giustamente ha informato Merkel delle sue scoperte sulle trombosi, ma Merkel prima di bloccare le vaccinazioni avrebbe dovuto coinvolgere l’Ema e chiederne il parere formale. Solo dopo, non prima, Merkel sarebbe stata autorizzata a decidere cosa fare. Quindi succede che Draghi si adegua e a Bergamo nel commemorare i morti di Covid dichiara “Qualunque sia la decisione di Ema la campagna vaccinale proseguirà con gli stessi obiettivi e intensità”. Come sarebbe “qualunque sia la decisone di Ema?” E la scienza?

La quarta cosa è che è vero che non abbiamo le prove per accusare Merkel di aver usato politicamente l’incidente delle trombosi per avvantaggiare il vaccino Pfizer/Biontech, ma che esiste un problema di concorrenza tra un vaccino che costa molto e un vaccino che costa molto poco è innegabile. Quello di Pfizer e BionTech costa 12 euro a dose e quello di AstraZeneca e 1.78 euro.