Adamas – ’diamante’ come recita il titolo di questa nuova fatica discografica di Mattia Cigalini, uno dei migliori giovani sassofonisti sulla scena jazz italiana, la prima incisa per conto della storica label Verve. In quartetto – con Paolo Birro, Marc Abrams e Mauro Baggio, formazione solida che permette al ventisettenne musicista emiliano, ex enfant prodige già dall’età di 12 anni, di muoversi sicuro fra brani inediti, standard di peso e maestri del calibro di Jackie Mc Lean, Johnny Hodges e soprattutto Art Pepper, non a caso You’d be so Nice to Come Home di Cole Porter è stato uno dei suoi prediletti cavalli di battaglia…
«Adamas – spiega Cigalini, nel curriculum collaborazioni di peso con Bobby Watson, Uri Caine, Paolo Fresu) – è una parola che mi piaceva molto e il suo significato mi rimanda a un senso di verità e chiarezza, un concetto che cerco da sempre e che mi è servito per realizzare questo disco, denso di mainstream e ricco di swing. È il tipo di jazz che mi ha fatto innamorare di questa musica…». Album essenziale nell’impostazione, ma senza sottrarre nulla alla natura gioiosa del progetto: «Quella di suonare in quartetto era un esigenza che avevo da tempo. Sono partito dal be pop ma poi mi sono dedicato a linguaggi più crossover dove ho fatto realmente un po’ di tutto: ho mescolato il jazz con l’elettronica, piuttosto che la dance e il pop. Ora mi ritrovo a suonare la musica che più mi piace e mi fa stare decisamente a mio agio».
Otto brani equamente divisi, quattro composizioni originali dello stesso musicista, e quattro standard: «È la prima volta che li affronto a pieno petto per una questione, diciamo così, di rispetto. Anche perché non credo che lo standard sia un punto di partenza, piuttosto un punto di arrivo. Lo standard esprime la maturità del musicista, ed è quanto credo di aver raggiunto. Ne ho scelti alcuni famosi, altri meno. Sono contento di aver recuperato Sentimental journey, un pezzo bellissimo (scritto nel 1944 da Les Brown e Ben Hormer, Mina la incise nel 1967, ndr) ma poco noto in Europa».
La rilettura non significa stravolgimento del brano: «La mia ricetta personale è diciamo così, quella di attingere profondamente alla melodia. Amo molto i musicisti che compongono con questo tipo di approccio e sensibilità. Questo non significa affrontare le esecuzioni con troppa tecnica. Al contrario, penso che in Adamas sia riuscito a lasciarmi andare come mai avevo fatto prima. Ho lasciato da parte alcuni virtuosismi o tecnicisimi per permettere una maggiore genuinità nell’approccio creativo. Ci sono anche delle piccole imperfezioni, ma sono assolutamente benvenute perché danno calore».