Riemerse all’attenzione pubblica dopo le ultime elezioni presidenziali statunitensi, alcune regioni dell’America profonda, in questo caso gli stati di frontiera del Sud, hanno di recente trovato una forma di riscatto nelle voci di scrittori che sono fra le più interessanti della nuova generazione. Tra questi, Stefan Merrill Block, giovane autore texano che ha già meritato buone critiche con due romanzi, Io non ricordo e La tempesta alla porta, entrambi tradotti da Neri Pozza, e connotati dalla volontà di indagare il mistero di una mente danneggiata: dall’Alzheimer nel primo caso, dalla follia nel secondo. Ora, in Oliver Loving (traduzione di Massimo Ortelio, Neri Pozza, pp. 351, euro 18,00) pur non rinunciando alla sua cifra intimista e introspettiva, Merrill Block inquadra il problema all’interno di una più solida e definita critica sociale e politica.

Un dramma ordinario
«C’era una volta un ragazzo che cadde in un varco del tempo»: questo il Leitmotiv che accompagna la lettura della vicenda innescata da Hector Espina, ragazzo di origini messicane dalla storia tormentata, che irrompe nella scuola di Bliss, Texas durante il tipico ballo delle superiori, imbracciando un fucile d’assalto AR-15.
È l’ennesimo high school shooting, un dramma ormai diventato ordinario grazie alla frequenza con cui si ripete negli Stati Uniti – uno dei più recenti e sanguinosi, quello di Parkland, Florida fu la scintilla che diede il via a March for Our Lives, la più grande manifestazione studentesca della storia americana. Oliver Loving, studente timido e impacciato, viene raggiunto dai proiettili di Espina: il suo cervello ne riceverà un danno irreparabile, inchiodandolo in un letto d’ospedale in stato vegetativo per i dieci anni successivi. Al capezzale di Oliver, le vite distrutte dei suoi familiari e quelle di tutta la comunità di Bliss, trasformatasi con il tempo nel mesto reliquiario della propria tragedia. Come da copione, si succedono Thoughts and prayers, discussioni inconcludenti sulla regolamentazione delle armi da fuoco, e l’inevitabile riacutizzazione del razzismo endemico di una terra di frontiera come il Texas.

Proprio dalla geografia vengono alcuni degli spunti più interessanti del romanzo: Block contrappone infatti i Pascoli di Zion, tipica rappresentazione pastorale americana e luogo dell’anima della famiglia Loving, allo spietato deserto texano, cimitero di sfortunati migranti «schiacciati dalla storia». Al tempo stesso, descrive quell’universo parallelo e angosciante che è la mente straziata di Oliver, un luogo a metà tra la vita e la morte nel quale il protagonista non può che rivivere ossessivamente il proprio passato, e dove trova rifugio dal presente sospeso, privo di speranza.
Alle considerazioni sui luoghi (reali e immaginati) si accompagnano quindi, e inevitabilmente, quelle sul trascorrere del tempo. «Faulkner diceva che il passato non è finito» annota Charlie, fratello di Oliver e aspirante scrittore, «Ma in Texas è ancora peggio, perché il passato è il futuro». La ormai classica questione dell’imprigionamento nella storia, tipica di molta narrativa del Sud, viene trasferita da Block tanto nel limbo memoriale in cui è intrappolato Oliver quanto nelle vite congelate dei suoi familiari, bloccati alle 9.09 di quella terribile sera di novembre e incapaci di affrontare i demoni scatenati dall’incidente.

Sineddoche romanzesca
Sono i demoni più che concreti di un’America violenta, intollerante e bigotta che, come i Loving, rimuove sistematicamente qualunque trauma sia d’impaccio alla retorica autocelebrativa, accettando di pagare la propria superbia con le vite dei cittadini. Sono i nuovi figli della frontiera, quelli che lo storico Frederick Jackson Turner aveva immortalato nel suo celebre saggio del 1893 sottolineandone l’estremo dinamismo, e che tornano nell’unica poesia scritta da Oliver per il primo e solo amore della sua vita, questa volta ritratti però in uno stato di paralisi, trincerati dietro a pregiudizi etnici e dogmi religiosi, ansiosi di erigere un muro (il riferimento a Trump è evidente) che illuda di poter salvare una società già cronicamente malata.

L’incarnazione (meglio, la corruzione) contemporanea dello spirito pionieristico statunitense raggiunge paradossalmente la sua traslazione più perfetta proprio nel personaggio di Oliver. «I suoi antenati avevano provato a portare il tempo dell’uomo nell’eternità del deserto e l’eternità del deserto se li era scrollati di dosso in un baleno» – scrive Block, consegnando al ragazzo il testimone di ultimo uomo della frontiera, e di martire innocente di quella stessa deriva, esemplificata dalla sua mente in rovina.
Se Oliver Loving è prima di tutto la fotografia di un’America ingabbiata nella ripetizione dei propri errori, non manca tuttavia una nota di idealistico ottimismo: il romanzo suggerisce infatti una via d’uscita dal presente attraverso un riassestamento spazio-temporale, la riconquista di un futuro verso il quale Oliver immagina di lanciarsi correndo a perdifiato, e rompendo finalmente la paralisi esistenziale che sembra essersi impossessata della cittadina di Bliss, sineddoche romanzesca delle angosce dell’America più profonda e più autentica.