«Il cinghiale» e «Dorina settepartiti» sulla graticola. Un pezzo di Pd calabrese chiede a Renzi di estromettere dal governo i sottosegretari Ncd, freschi di nomina, Tonino Gentile e Dorina Bianchi. Una presa di posizione durissima. Prima partono lancia in resta i tre deputati dem Enza Bruno Bossio, Nico Stumpo, e Nicodemo Oliverio. Poi è la volta dei cinque segretari provinciali che chiedono ufficialmente le loro dimissioni.

In ballo ci sono le amministrative di Cosenza e Crotone. E c’è la politica dei “due forni” di Ncd. A Roma con Renzi, in periferia all’opposizione. Persino a fianco di Forza Italia. Come ai vecchi tempi. E’ il caso di Crotone. Dove la tela tessuta da Wanda Ferro (Fi), Piero Aiello (senatore plenipotenziario alfaniano) e Dorina Bianchi ha di fatto sancito l’alleanza a sostegno di Antonio Argentieri Piuma, ex presidente del Nucleo industriale di Crotone, esponente di spicco di Confindustria regionale, vicino a Forza Italia. L’idea è quella di concorrere con liste civiche, pescando nelle file del padronato più conservatore. Il “modello Venezia”, per intenderci. La regia è di Ferro, con l’input di Berlusconi. D’altronde 5 anni fa fu proprio il Cavaliere in persona a chiudere a Crotone la campagna elettorale per «Dorina sindaca».

Il guaio per Bianchi è che nel 2010 era iscritta all’allora Pdl, ora siede tra i banchi del governo. Insomma, le “geometrie variabili” di Ncd mandano in ebollizione il Pd: «Scegliendo di sostenere alle amministrative – aggiungono Stumpo, Bruno Bossio e Oliverio – i candidati a sindaco contrapposti ai candidati ufficiali del Pd, si lede la coerenza e la lealtà che un partito di governo dovrebbe avere verso la maggioranza. Con quale giustificazione si può sedere a Roma su una poltrona di governo e poi in Calabria salire su un palco di forze contrapposte al Pd? Incomprensibile. Un atteggiamento che dovrà aprire una seria riflessione in Calabria come a Roma». I segretari provinciali parlano invece di «doppiezza che si esprime in pratiche di condizionamento, finalizzate a contrattare posizioni di potere, di cui Renzi dovrà necessariamente tener conto».

Tonino Gentile è accusato di aver stretto un accordo «ambiguo» con Enzo Paolini, ex Sel, già capogruppo dem al consiglio comunale di Cosenza, fuoriuscito dal Pd dopo che gli è stata negata la candidatura a sindaco. Paolini ha poi bussato alle porte di Gentile ed è stato accolto. Una strana alleanza, dunque, tra l’ex rugbista Paolini, reuccio delle cliniche private (è presidente dell’Aiop), per anni nel “cerchio magico” di Giacomo Mancini, e Tonino Gentile, il sottosegretario più breve della storia (fu costretto alle dimissioni lampo per l’affaire Ora della Calabria), tornato due anni dopo in quel posto di comando frettolosamente abbandonato. Ma a volte basta aspettare che la polvere si abbassi.

D’altronde, a Cosenza i Gentile contano su un robusto pacchetto di voti. Una famiglia numerosa, quella dei Gentile, composta da sette fratelli e sorelle. Gli esponenti più in vista sono Pino e Tonino, animatori della storica sezione Psi «Morandi» della Massa, rione alle pendici del centro storico bruzio. Una famiglia socialista, craxiana, amica della Dc di Riccardo Misasi e nemica dei manciniani, di quella stessa corrente di Fabrizio Cicchitto con cui, dopo Tangentopoli, transitò in Forza Italia. Ora i Gentile con Paolini, ovvero con l’avvocato di Giacomo Mancini, stringono un patto elettorale.