Si è aperto all’interno del Festival Internazionale di Ferrara Mondovisioni (ancora oggi e domani), rassegna di film che per il sesto anno costituisce quasi un contrappunto visivo ai temi e alle discussioni affrontati nel corso delle diverse giornate. La rassegna, curata da CineAgenzia, si pone una scommessa ulteriore, quella cioè di portare in giro per l’Italia il «pacchetto» dei film, quasi tutti in anteprima italiana, che vengono proposti a chi ne fa richiesta corredati di materiali, sottotitoli ecc – lo scorso anno la selezione ha toccato circa ventidue città italiane per un totale di duecento proiezioni. Un’idea in apparenza semplice ma che oggi, se si considera la sorte spesso subita nel nostro mercato dai film presentati anche in festival maggiori, appare indispensabile.
Quest’anno Mondovisioni presenta otto titoli, come sempre documentari anche se mai «canonici»: si va da Marmato, coproduzione Colombia/Stati uniti, diretto da Mark Grieco, che prende il titolo dal villaggio colombiano in cui è ambientato e dove il regista è rimasto sei anni seguendo le lotte della comunità locali contro le multinazionali piombate lì alla ricerca dell’oro. Marmato si trova infatti al centro di un giacimento stimato almeno venti miliardi di dollari, e il governo di Bogotà, dopo molte promesse, si è schierato con le multinazionali contro i propri cittadini costretti a subire fame e durissime violenze.

 

Dall’America arriva anche Documented che segue le battaglie di José Antonio Vargas, giornalista, vincitore del Pulitzer. Nel 2011 Vargas con un articolo sul New York Times Magazine svela di essere un immigrato irregolare per dare voce così agli 11 milioni senza documenti negli States. Alexis Tsipras è invece il protagonista di Hope on the line di Alexandre Papanicolaou e Emilie Yannoukou che lo filmano nella campagna elettorale, entrando anche «dietro le quinte» delle sue apparizioni pubbliche.
Storie di migranti in Days of Hope di Ditte Haarlov Johnsen che narra le vicende di diversi africani arrivati in Europa attraversando il mare. C’è Thelma, rimasta da piccola in Ghana, che in Danimarca ritrova undici anni dopo la madre. E c’è Austin riuscito a arrivare a Copenaghen dopo esser stato rinchiuso nel Cie di Siracusa, che oggi vive di espedienti. Il regista prova a spostare l’accento dalla retorica che rischia il suo soggetto, e anche da quel catalogo un po’ formattato di immagini e sentimenti coi quali troppo spesso vengono racchiuse le storie di migranti, per porre invece l’accento sulle contraddizioni politiche e sociali radicate nella nostra Storia.

 

Era già tutto chiaro nei testi di Frantz Fanon, psichiatra, filosofo, scrittore, che per primo analizza il colonialismo e i suoi effetti dentro e fuori, nelle economie, nei corpi, nelle teste e nei cuori. E il suo I dannati della terra (Einaudi), uno dei libri più popolari negli anni Sessanta e Settanta in tutto il mondo, riferimento principale nei paesi coloniali per ogni militante impegnato nelle lotte di liberazione nazionale, è il punto di partenza di Concerning violence, il nuovo film di Goran Hugo Olssan, autore del premiatissimo The Black Power Mixtape 1967–1975 (2011), racconto dall’interno del movimento Black Panther americano tra il 1967 e il 1975. Anche stavolta Olssan utilizza materiali d’archivio che mostrano la guerra di liberazione coloniale in diversi momenti e paesi uniti dal sottotitolo: Nove scene di autodifesa antimperialista. L’inizio ci mostra momenti della guerra di liberazione in Angola contro il Portogallo: «La fine del colonialismo cambia l’ordine del mondo, e per questo impone un programma di totale disordine» dice la voce fuori campo della cantate e attivista Lauryn Hill, che legge passaggi di Fanon su fine del colonialismo, nazionalismo e violenza.

 

Lamco, Liberia, 1966. Lo sciopero della cittò di Nimba dove la compagnia mineraria svedese Lamco (ache americana e liberiana) scatena pesantissime ritorsioni contro i lavoratori in sciopero. Il governo liberariano ovviamente si schiera con la multinazionale, circonda gli operai e li attacca con l’esercito. Nel capitolo intitolato The Fiat G.91 il commentario della studiosa Gayatri Chakravorty Spivak spiega il ruolo della donna nella guerra di liberazione attraverso materiali inediti, come interviste alle donne che combattono col Fronte di Liberazione del Mozambico, e denunciano gli attacchi col napalm degli aerei nato. La relazione tra Africa e Europa, dunque, e soprattutto i rapporti di forza delle economie che sanciscono alleanze inaspettate. L’oppressione e l’uso della violenza. La brutalità dello sfruttamento e l’eurocenterismo, una questione coi suoi paradossi sempre aperta.