Come spiegare «l’immobilismo esemplare» e il silenzio dell’Unione europea, oltreché la censura delle lobby mediatiche al soldo di una certa diplomazia, sul conflitto che da anni infiamma la regione orientale della Repubblica democratica del Congo (Rdc) se non come parte di esplicite politiche a sostegno di forti interessi economico-finanziari di governi (europei e d’oltreoceano) e multinazionali di ogni sorta? A ribadirlo, una massa di documenti top secret e le rivelazioni di diplomatici dell’Unione europea raccolte in circa dieci anni da Charles Onana, giornalista d’inchiesta franco-camerunense, nel suo ultimo libro Europe, Crimes et Censure au Congo (Editions Duboiris, 2012). Abbiamo incontrato l’autore a Roma.

Lei avrà sicuramente avuto accesso a molti più documenti top secret di quelli pubblicati nel suo libro. Cosa ha scoperto?

 

Sì, la mia inchiesta si basa anche su dati che ho avuto quando ho incontrato alcuni diplomatici e un certo numero di parlamentari che hanno accettato di parlarmi in off, senza che potessi registrare. Bisogna dire che l’Unione Europea ha deciso di finanziare e sostenere il processo elettorale del 2006 nella Repubblica Democratica del Congo ma non si è mai pronunciata sull’invasione del Congo da parte del Ruanda. Ci sono molti rapporti che sono stati inviati dai congolesi, dai ruandesi generalmente hutu all’Ue sul massacro delle popolazioni nel Congo orientale, sulla violenza sulle donne e soprattutto sui bambini-soldato e sul regime dittatoriale di Paul Kagame, su cui l’Unione Europea non si è mai pronunciata chiaramente. Mi sono allora chiesto perché tutto questo silenzio sul massacro nel Congo orientale e ho deciso di indagare. Sono così riuscito a ottenere un certo numero di documenti segreti del Consiglio dei Ministri dell’Ue, tra cui il rapporto ufficiale del rappresentante speciale dell’Ue, Aldo Ajello, il rapporto di Javier Solana, capo della diplomazia europea, alcune note di discussione tra il presidente della Commissione europea Romano Prodi e Joseph Kabila, l’attuale presidente della Repubblica democratica del Congo. Documenti grazie ai quali ho scoperto semplicemente che l’Ue aveva deciso di mettere a capo del Congo Joseph Kabila prima ancora che le elezioni avessero luogo. Dopo l’assassinio di Laurent Desire Kabila nel 2001, Bush aveva invitato a Washington il figlio, Joseph Kabila, che prima ancora era stato ricevuto a Parigi da Jacques Chirac. All’interno dell’Ue un certo numero di esperti, tra cui qualche italiano, aveva avanzato delle critiche che non vennero però prese in considerazione e così nel 2006 le elezioni ebbero luogo. Per garantire la sicurezza del processo elettorale l’Ue mandò in Congo le forze armate, i congolesi constatarono che si trattava di una truffa ma secondo Louis Michel, Commissario della Ue, le elezioni erano state democratiche, per Javier Solana formidabili, e secondo le dichiarazioni di Ajello un fatto straordinario perché per la prima volta nella storia del Congo i congolesi avevano votato liberamente. Un cinismo eticamente esagerato.

È l’uranio il principale interesse dell’Unione Europea in Congo?

Ovviamente c’è l’uranio che continua a guadagnare importanza sul piano internazionale, pensiamo per esempio ai test nucleari, ma c’è anche il coltan, che serve a costruire i cellulari e i portatili, e ci sono evidentemente tutti i metalli e i diamanti che fanno del Congo ciò che un ingegnere belga definì uno «scandalo geologico». C’è tutto in Congo, praticamente tutto ed è dunque per queste ragioni essenziali che l’Unione europea ha deciso di intervenire. Non è per i diritti dell’uomo, non è per la democrazia, né per la libertà di stampa o altri tipi di libertà perché in questo caso ci sarebbero state elezioni trasparenti. Per quanto riguarda il coltan, gli ingegneri americani sapevano esattamente già dagli anni ’40 i diversi usi che si potevano fare con questo prodotto, prezioso tanto per l’aeronautica militare che nel settore dell’aviazione e delle tecnologie americane. In seguito, con l’esplosione delle nuove tecnologie – telefonia cellulare e altro – il coltan è diventato un prodotto molto importante e conteso dalle multinazionali, da ogni genere di trafficante e dal crimine organizzato che è coinvolto nel traffico di coltan con multinazionali e governi. Il Ruanda in tutta questa storia è diventato il Paese attraverso il quale gli Stati uniti attuano la politica estera in Congo. Questo significa che quando nel 1994 gli Stati Uniti decidono di sostenere militarmente il Ruanda, Paul Kagame (attuale presidente del Ruanda, ndr) – diventa l’appaltatore più importante di tutte le materie prime del Congo. E il Ruanda è così diventato senza avere un solo grammo di coltan nel suo suolo un esportatore di coltan. L’implicazione dell’Ue e il silenzio della comunità internazionale su ciò che accade in Congo è legato alla necessità di avere un controllo assoluto sull’uranio, sul coltan e sulle altre risorse. Bisogna avere qualcuno che sia africano e che possa agire “per conto di”. Quindi non gli Stati uniti, non i gruppi mafiosi, non le multinazionali: è il Ruanda che gioca il ruolo di appaltatore delle miniere.

Quante compagnie europee ci sono oggi nella Rdc e attraverso quali multinazionali e istituti finanziari l’Unione europea difende i suoi interessi politico-economici nella Repubblica democratica del Congo?

Ci sono numerose compagnie europee in questa storia, è difficile decifrarne il numero perché ci sono molte shell companies, imprese che si creano per sfruttare i giacimenti di coltan e diamanti, per coprire il traffico di coltan e poi dopo scompaiono. Compagnie che hanno lo stato sociale in Svizzera, alle Isole Cayman, ai Caraibi. Una moltitudine di compagnie occidentali, europee, che vengono create per il traffico di diamanti.

Che ruolo svolge l’Unione Africana in questo scenario?

L’Unione africana è potremmo dire un’istituzione simile a una conchiglia vuota. Essa non ha potere di decisione sulla propria politica.

Ma l’Unione Africana potrebbe rompere il silenzio sulla politica europea in Congo e non lo fa. E d’altro canto però accusa la Corte penale internazionale di essere uno strumento della politica occidentale.

No, non può rompere il silenzio. Paul Kagame è membro dell’Unione africana. È difficile per gli altri capi di stato che non sono dei grandi democratici dare delle lezioni a Kagame sul Congo. L’Ue finanzia l’Ua e gli Stati uniti hanno bisogno di esercitare la loro influenza all’interno dell’Ua. Ci sono molti fattori, politici e finanziari, che fanno sì che l’Unione africana non può rompere il silenzio sul Congo. Ho denunciato in questo libro il comportamento dell’Unione africana perché è insostenibile constatare che un’organizzazione regionale non è capace di prendere posizione sul piano politico su una situazione che riguarda la violazione massiva di milioni di individui in un Paese membro. Ed è una vergogna che l’Unione africana critichi l’occidente senza poi essere capace di prendere posizione su questioni che riguardano il continente africano. Ciò che succede in Congo non è responsabilità dell’occidente o dell’Unione europea, è responsabilità dell’Unione africana. E lì l’Unione africana ha rinunciato alle sue responsabilità

C’è un partito politico in Congo in grado di incanalare un’eventuale mobilitazione collettiva contro questa situazione?

No, non cè.

Quindi non c’è soluzione alla crisi congolese?

No, non in questo senso visto che i partiti d’opposizione sono corrotti e sono controllati da Paul Kagame. È la diaspora congolese che deve fare di tutto per influenzare il salto di qualità nelle decisioni dell’Europa per far rinascere il Congo.