Tav, «I contributi Ue sono già persi ma questo nessuno lo dice»
Alberto Poggio, commissione tecnica sulla Torino-Lione «I fondi sono a disposizione per il periodo 2014-2019 a copertura di attività da completare entro il 2019. Una condizione impossibile da rispettare» Alberto Poggio
Alberto Poggio, commissione tecnica sulla Torino-Lione «I fondi sono a disposizione per il periodo 2014-2019 a copertura di attività da completare entro il 2019. Una condizione impossibile da rispettare» Alberto Poggio
Alberto Poggio è uno dei tecnici di riferimento del movimento da Notav. Ingegnere, fa parte della commissione tecnica sulla Torino – Lione dei comuni della Valle di Susa e del Comune di Torino.
Professore, l’Italia sta per perdere trecento milioni perché volete bloccare il Tav?
Tutta la discussione in atto si basa su un presupposto inesistente: non vi è alcuna necessità o urgenza di lanciare alcun tipo di bando. Da giorni imperversa questa storia sulla base di presunte richieste della Commissione europea che minaccerebbe la revoca di contributi. Voglio essere chiaro: i trecento milioni di cui si parla sono già di fatto persi e non potranno essere recuperati in nessun caso.
Un’affermazione impegnativa
I fondi al centro dell’attuale discussione sono stati messi a disposizione per il periodo 2014-2019. Si tratta di contributi a parziale copertura di attività da completare entro il 31 dicembre 2019, con un’eventuale proroga di un anno. Una condizione impossibile da rispettare: anche lanciando le gare oggi, i lavori non potranno essere completati entro tale data. Il governo sta facendo una corsa per salvare qualcosa che non può essere salvato. Ma questo non è l’unico elemento che viene omesso.
Dica
Non è possibile in questo momento lanciare quelle gare rispettando gli accordi internazionali. Servono passaggi preliminari che non sono stati fatti: nell’accordo siglato tra Italia e Francia il 30 gennaio 2012 articolo 16 si legge: «La condizione preliminare per l’avvio dei lavori sulla sezione transfrontaliera è la disponibilità del finanziamento». Per far partire gli scavi del tunnel è necessario avere a disposizione tutti i soldi, ovviamente su un piano pluriennale, iscritti a bilancio. Lo Stato italiano lo ha fatto almeno in parte: nella legge di stabilità del 2013, governo Monti, ha definito l’approvvigionamento necessario per il tunnel di base. Così facendo l’Italia ha messo a disposizione il 27% del costo totale opera pari a 9,63 miliardi di euro. L’altra componente di disponibilità è quella che potrebbe arrivare dall’Europa: ma di firmato, messo a disposizione è solo l’attuale programma 2014-2019, pari al 6% del costo dell’opera. Tutto il resto è un auspicio, ipotesi, e non ha un riscontro concreto. La Francia non ha mai adottato alcun provvedimento di legge atto a garantire nel suo bilancio dello Stato l’approvvigionamento per i flussi necessari, su base pluriennale, per pagare il tunnel di base. Totale 33%, manca il restante 67%: non si può procedere all’avvio dei lavori.
L’analisi costi benefici? Non ne parla più nessuno
Che piaccia o no siamo in presenza di un risultato che evidenzia uno svantaggio notevolissimo: quando ci sono di mezzo svariati miliardi euro c’è poco da discutere. Per di più è la stessa Unione europea che prevede che lo strumento dell’analisi venga utilizzato dagli Stati per rivedere i programmi di investimento.
Gli imprenditori, e il sindacato, fanno pressione affinché si faccia
Se i 300 milioni sono persi – altrettanti lo furono nel 2013 da Ltf revocati dalla Commissione europea – questo non ha impedito l’avanzamento del programma. Se continuano a pensare al tunnel di base nella migliore delle ipotesi, i famosi treni pieni di merci passeranno tra quindici anni se va bene. Oggi, i soldi persi potrebbero essere oggetto di una nuova contrattazione con l’Unione europea affinché si possano usare come potenziamento della linea esistente, dando un risultato a breve termine: credo che questo dovrebbe interessare il mondo imprenditoriale e sindacale.
Il governo potrebbe dar via libera ai bandi sostenendo che sono reversibili
Una storia priva di consistenza. Chi decide eventualmente di procedere a un diritto di non assegnamento? Dovrebbero essere entrambi i governi: ovvero impossibile, scenario irrealistico. Una favola alla quale non credono nemmeno coloro che la raccontano.
Il No al Tav potrebbe essere travolto da un referendum
Si può criticare il metodo e le ipotesi. Ma sarebbe molto curioso se uno studio di carattere tecnico venisse sottoposto a referendum. E’ come sottoporre a votazione la diagnosi di un medico.
Eppure è in corso una battaglia politica senza precedenti tra M5s e Lega, forse l’unica.
Gli Stati, Italia e Francia, non hanno i soldi per fare l’opera. Sono annunci e contro annunci che non trovano riscontro, questa è la realtà.
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