L’inquinamento atmosferico causa 4,5 milioni di morti premature all’anno, nel mondo. In Italia, nel 2018, gli effetti dei combustibili fossili sulla qualità dell’aria hanno portato a circa 56mila morti. Per la prima volta, nel rapporto Aria tossica: il costo dei combustibili fossili, diffuso ieri, Greenpeace Sud-est asiatico e Crea (Centre for Research on Energy and Clean Air) hanno quantificato il costo esterno globale dell’inquinamento, una cifra pari a circa 8 miliardi di dollari al giorno (e a 2.900 miliardi di dollari all’anno). È il 3,3 per cento del prodotto interno lordo mondiale.

LE STIME SI BASANO su set pubblici di dati globali che descrivono le concentrazioni a livello di superficie di PM2.5, O3 e NO2, analisi della World Health Organization e studi pubblicati su prestigiose riviste scientifiche internazionali – Proceedings of the National Academy of Sciences, Environmental science & technology, The Lancet.

Il numero dei morti stimati in un anno supera di oltre tre volte quelli causati da incidenti stradali. L’esposizione a PM2.5 è associata anche a casi di ictus, e almeno 600mila morti ogni anno per infarto sono riconducibili all’esposizione a PM2.5 dai combustibili fossili.

L’esposizione al solo PM2.5 generato da combustibili fossili è collegata, ogni anno a livello globale, a circa 1,8 miliardi di giorni di assenza dal lavoro per malattia, con una conseguente perdita economica annua pari a circa 101 miliardi di dollari. La combustione di carbone, petrolio e gas aumenta anche, anno dopo anno, l’incidenza sulla popolazione delle malattie croniche, contribuendo a milioni di visite mediche e a miliardi di giorni di assenza dal lavoro per malattia.

UNO DEI FOCUS del rapporto riguarda i bambini, dato che – in particolare nel Paesi a basso reddito – l’inquinamento atmosferico è una delle principali minacce per la loro salute. Nel mondo, si stima che circa 40mila bambini al di sotto dei 5 anni muoiano ogni anno a causa dell’esposizione a PM2.5 derivante dalla combustione di combustibili fossili.

L’inquinamento atmosferico derivante da PM2.5 è anche collegato a circa 2 milioni di parti prematuri ogni anno. Il biossido di azoto (NO2), anch’esso derivante dalla combustione dei combustibili fossili nei veicoli, nelle centrali elettriche e nelle industrie, è associato a circa 4 milioni di nuovi casi di asma trai bambini ogni anno. Si stima che a livello globale circa 16 milioni di bambini nel mondo siano affetti da questo sintomo, a causa dell’esposizione a questa sostanza derivata dai combustibili fossili. Circa 7,7 milioni di visite mediche in pronto soccorso per asma sono attribuibili ogni anno all’esposizione a PM2.5 e ozono (O3) prodotti dalla combustione di combustibili fossili.

SECONDO GREENPEACE, i governi di tutto il mondo potrebbero contribuire a ridurre questi numeri promuovendo un trasporto sostenibile, arrivando quindi a «stabilire una data per lo stop alle vendite di veicoli a motore a combustione interna» (benzina e diesel, ma anche metano e gpl), rafforzando «trasporto pubblico, infrastrutture pedonali e ciclistiche sicure, e forme di mobilità a basse emissioni».

LA RICETTA – la stessa suggerita negli ultimi anni anche da chiunque si occupi di lotta ai cambiamenti climatici – prevede di abbandonare carbone, petrolio e gas, interventi necessari anche per ottenere miglioramenti significativi per la salute delle persone, riducendo l’inquinamento atmosferico. Alcune ricerche – spiega Greenpeace – «dimostrano che la chiusura di centrali a carbone può portare benefici sanitari maggiori del valore dell’elettricità generata».

Secondo uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, un abbandono esteso dei combustibili fossili e contestuali investimenti in fonti di energia pulita potrebbero ridurre fino a quasi due terzi le morti premature collegate all’inquinamento atmosferico nel mondo.

L’Italia oltre al costo in vite umane paga anche un costo, stimato in 61 miliardi di dollari all’anno. «Per questo motivo – sottolinea Greenpeace Italia -, è essenziale che il governo italiano non faccia passi indietro sull’abbandono del carbone al 2025, come invece l’ultima versione del Piano Energia e Clima (che l’Italia ha inviato a fine gennaio alla Commissione europea, ndr) sembrerebbe suggerire».