Chi troppo, chi troppo poco. Così va il mondo, soprattutto negli Usa. Ci, vogliono, per fare un esempio tra i tanti possibili, 660 anni di lavoro di un dipendete statunitense di McDonald’s per mettere insieme gli 8,75 milioni che guadagna in 12 mesi il direttore generale della compagnia del Big Mac.
Questo è il risultato che si ottiene se si dividono i quasi 9 milioni che finiscono nelle tasche del signore degli hamburger per i 13.260 dollari netti che guadagna un dipendente, friggendo patatine per un anno. Al mese sono, 1105 dollari per 40 ore settimanali. Pochi, troppo pochi, e McDonald’s lo sa benissimo. Per questo, con slancio paterno, ha deciso di andare incontro ai suoi dipendenti statunitensi mettendo a loro disposizione un manualetto (creato in collaborazione con Visa) che li aiuti a ottimizzare le spese adeguandole alle (magre) entrate, con tanto di esempio precompilato scaricabile sul sito www.practicalmoneyskills.com/mcdonalds.
Un vademecum per moltiplicare i pani e i pesci, o, in termini più moderni, un’impresa da maghi della finanza. E infatti il trucco c’è e in questo caso si vede: alla voce second job, per l’esattezza. Ovvero: cari dipendenti, cercatevi un secondo lavoro perché con 7,35 dollari all’ora (il minimo salariale Usa, anche se ci sono proposte per portarlo a 9,80 dollari), non andrete molto lontano. Caso mai ci fosse il bisogno di farlo presente. Secondo le stime, il second job dovrebbe fruttare 955 dollari al mese: supponendo che il (pluri)impiegato di McDonald’s abbia un secondo lavoro al minimo salariale, dovrebbe lavorare altre 34 ore settimanali per raggiungere questa cifra. Tirando le somme sarebbero, in una settimana, 74 ore di lavoro in cambio di 2060 dollari. Uno scenario (del tutto praticabile per la multinazionale) a cavallo tra Hard Times di Dickens e l’Inferno di Dante.
Nel poco tempo libero a disposizione, lo Stachanov del panino dovrà anche dormire, cosa che è concessa, anzi, prevista, da McDonald’s: il sample monthly budget contempla infatti anche la voce «casa», per la quale è prescritta una spesa di massimo 600 dollari (metà dello stipendio per un mese dietro la friggitrice). Qui i previdenti autori del manualetto di sopravvivenza scendono nello specifico e – forse per puro scrupolo – distinguono tra affitto e mutuo.
Pur supponendo ragionevolmente che gli impiegati affittuari siano più numerosi di quelli che possono permettersi di comprare una casa, c’è comunque qualcosa che non torna: secondo il Wall street journal, la media nazionale degli affitti, calcolata a fine del 2012, sarebbe di 1048 dollari: circa il doppio rispetto a quanto preventivato. Basterebbe solo questo per mandare all’aria tutti i calcoli del compendio di encomia domestica di McDonald’s, ma ci sono altre «leggerezze». La voce riscaldamento (50 dollari al mese), ad esempio, fa quasi sorridere: letteralmente o ironicamente a seconda che si viva a Miami o a Chicago (dove a gennaio ci sono -6 gradi di media). Per l’assicurazione medica viene calcolata una spesa di 20 dollari al mese, ma la copertura, per quella cifra, è limitata a 2.000 dollari all’anno. Più in là del raffreddore, si rischia il crack economico. Una voce, questa della salute, che può non essere prioritaria per i dipendenti giovanissimi, ma che è determinante per lavoratori in età più avanzata, che non sono affatto pochi. Stando alle statistiche, infatti, l’87,9% degli impiegati assunti al minimo salariale (tra tutte le imprese a livello nazionale) hanno più di 20 anni e il 28% di essi ha almeno un figlio.
Comunque a tirare la cinghia e a lavorare 74 ore alla settimana (che su una settimana di 5 giorni lavorativi fa più o meno 15 ore al giorno), poi si hanno delle soddisfazioni, anch’esse quantificate dagli zelanti estensori del vademecum: 750 dollari al mese, o, che è lo stesso, 25 dollari al giorno. Con cui bisogna, semplicemente, vivere (per il poco tempo che rimane). Meglio se senza figli.