Dalla piazza centrale di Pirano la statua del violinista e compositore Giuseppe Tartini dà il benvenuto al Festival Druga Godba, che quest’anno approda sulla costa istriana per la serata d’apertura. Situata su una lingua di terra protesa nelle acque adriatiche, la storica cittadina di Pirano aggiunge una motivazione simbolica a quelle che sono le premesse ideologiche e le scelte artistiche di uno dei più rilevanti festival world del continente. Pirano è una città aperta alle mescolanze, che ha eletto sindaco nel 2010 il socialdemocratico Peter Bossman, un ghanese arrivato neI ’70 come studente; naturalizzato sloveno, sposato con una croata, è considerato il primo sindaco nero eletto in un paese est europeo.

Gli austriaci Roy De Roy, combo polka-balkan-punk libertario viennese, riscaldano la platea di Piazza Tartini. Un piccolo traghetto conduce il pubblico agli ex-magazzini del sale Monfort, per la seconda parte della serata, dove va in scena il riallestimento del Bella Ciao guidato dall’organetto diatonico di Riccardo Tesi, con Lucilla Galeazzi, Elena Ledda e Luisa Cottifogli, la voce maschile di Alessio Lega, il corpo percussivo di Gigi Biolcati e la chitarra di Maurizio Geri. Il finale rovente della tappa adriatica di Druga Godba è per un altro ghanese, King Ayisoba, maestro del liuto a due corde kologo, dal timbro squillante. La sua musica ha impatto immediato, fondata sulle linee melodiche ipnotiche del cordofono, linee di flauto, clangore percussivo afro-funk e la fierezza vocale e carismatica della voce ribelle del leader, nato in un villaggio della parte settentrionale del Paese, che è portatore di un messaggio al suo conterranei: la tradizione come risorsa quotidiana.

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Nato come espressione di cultura alternativa world-oriented nella metà degli Ottanta, il festival Druga Godba supera i confini e gli steccati musicali con un palinsesto che privilegia esplorazione ed estetiche non ascrivibili alla cosiddetta musica etnica. La manifestazione, che conta sul sostegno finanziario del ministero sloveno della cultura e delle istituzioni locali, si caratterizza anche per l’intento di diffondersi per giorni nel tessuto urbano della capitale slovena, «occupando» molti luoghi simbolici della città adagiata sul fiume Ljubljanica: a iniziare da Kino Šiška, ex cinema diventato la sede più importante per la cultura urbana indipendente di Lubiana. Poi c’è Metelkova Mesto, il centro culturale collocato in una ex caserma dell’esercito nazionale jugoslavo, occupata nel 1993 e diventata poi il fulcro della vita notturna di Lubiana. A seguire i tre giorni di Druga Godba è un pubblico eterogeneo per età e genere, connotato da una forte presenza giovanile: «un pubblico che si fida delle scelte degli organizzatori», mi dice Rok Košir, direttore artistico della manifestazione.

È stato un venerdì aperto dall’art-elettronica della norvegese Jenny Hval, proseguito con l’iterazione elettro-acustica di Kondi Band, il cui leader Sorie Kondi, soprannominato lo Stevie Wonder del Sierra Leone, suona l’omonimo piano a pollice incrociando la strada con Chief Boima, dj e produttore cresciuto a Milwaukee, ma di origini sierraleonesi. All’AKC Metelkova, invece, il quartetto coreano Black String ha impressionato per la fusione equilibrata di acustico, elettrico ed elettronico. La lunga notte ha offerto i colori latini dei franco-colombiani Pixvae, ma soprattutto il set intenso di Gaye Su Akyol, art rocker di Istanbul, autrice dell’apprezzato album Hologram Imparatorlu, dove psichedelia, grunge, surf-rock e arabesk sono lo sfondo sonoro per riflessioni non prive di punte salaci, che trovano linfa vitale, contro la deriva conservatrice della società turca, nella precocità seminale e nell’afflato libertario e progressista del pop-rock anatolico degli anni 60 e 70. Altro spirito libero è la maliana, di residenza francese, Inna Modja, che porta sul palco, in una compresenza di hip hop e tradizione bambara, le questioni sociali (migranti, mutilazioni genitali femminili, la guerra in Mali).

Lo spettro musicale sloveno ha trovato espressione nella ricerca metaforica della voce interiore incarnata dalla suite-performance The Raising of the Voice del compositore Drago Ivanuša per piano, voce e corpo della vocalist Anja Novak, marimba (Lola Močnik) e contrabbasso ed elettronica (Tomaž Grom). Sarà difficile dimenticare l’esibizione per sola chitarra del sudafricano Derek Gripper, che ha trascritto e trasposto sulla sei corde le composizioni dei maestri contemporanei della kora, cordofono dei cantori di lode, che ha il suo epicentro stilistico tra Mali, Senegal, Guinea e Gambia. Giocava in casa ed è stato molto apprezzato il trio Širom. Armeggiando strumenti a corda e ad arco, tamburi etnici e strumenti auto-costruiti, i giovani musicisti si muovono meditabondi tra cellule folkloriche, drone e rock, reminiscenze classiche ed improvvisazione.

La temperatura è salita con l’esibizione di Yasmine Hamdan, un’altra artista pronta a sparigliare gli stereotipi occidentali della donna mediorientale. La libanese, ha messo su un live act dall’ambientazione elettronica, imperniata sui ritmi electro-pop occidentali e arab-groove che caratterizzano il suo recente disco Al Jamilat, ma soprattutto sul suono corposo della Gibson dell’ottimo Cedric Le Roux, che alterna plettro e archetto. Il finale seducente per i nottambuli del dancefloor al Kino Šiška è Love & Revenge, creazione-concerto franco-libanese-algerina per suoni e immagini provenienti dall’età dell’oro del cinema cairota.