I confini aperti dell’identità
«Ville Fantôme» di Bodys Isek Kingelez, 1995
Cultura

I confini aperti dell’identità

Tra passato e presente Una riflessione e un percorso di letture a partire da «How We Get Free. Black Feminism and the Combahee River Collective» di Keeanga-Yamhatta Taylor, passando per «Mistaken Identity. Race and Class in the Age of Trump» di Asa Haider e dalla raccolta di saggi di David Roediger, dal titolo «Class, Race, and Marxism», entrambi usciti per Verso
Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 26 settembre 2018
Era il primo giugno del 1863, in piena guerra civile, quando per la prima volta nella storia degli Stati Uniti una donna pianificò e guidò una operazione militare dell’esercito dell’ Unione. Non era una donna qualsiasi: Harriet Tubman era nera, nata schiava in una piantagione del Maryland da cui era fuggita nel 1849. Da quel momento era diventata una figura leggendaria nell’organizzazione dell’Underground Railroad, la rete sotterranea di appoggio agli schiavi fuggiaschi: di lei si diceva che non avesse «mai perso un passeggero» in nessuna delle sue innumerevoli «missioni». In quel giorno di giugno, proprio utilizzando le reti di comunicazione...
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