Via le slide, adesso siamo ai tweet: in tutto 10, per spiegare la «rivoluzione che inizia oggi», con «i mitici 80 euro». Il premier Matteo Renzi, affiancato dai ministri Pier Carlo Padoan e Graziano Delrio, ieri sera ha spiegato via streaming all’Italia la sua ricetta per rimpolpare le buste paga grazie al bonus Irpef: con un linguaggio accattivante ha insistito molto sulle parole «tagli», «restituzione», «risparmi», cercando di sedurre soprattutto il vasto e impaziente bacino grillino. «Sono felice – ha esordito – Ho mantenuto la promessa, alla faccia dei gufi e rosiconi: avevo parlato di 10 miliardi per 10 milioni di persone, ed ecco a voi le misure. Tutte con coperture serie».

Renzi ha spiegato che per il momento dal bonus resteranno esclusi «incapienti e partite Iva»: «C’erano altre ipotesi, per includere 15 milioni di italiani anziché 10 – ha detto – Ma volevamo rimanere sugli 80 euro, perché quelli avevamo promesso». Quanto alla voce «incapienti» il premier annuncia che verranno in qualche modo trattati, ma con un generico quanto inafferrabile «nelle prossime settimane». Per partite Iva e pensionati, invece, per ora non pare esserci nemmeno la speranza. Il bonus – «soldi che erano degli italiani, e che noi stiamo restituendo» – si concentrerà quindi per i lavoratori inclusi tra «8000 e 26mila euro di reddito annuale, con un piccolo décalage per chi è compreso tra 24 mila e 26 mila».

Quest’anno, visto che la riforma si avvia da maggio, serviranno 6,9 miliardi di euro per coprirla: e Renzi ha esposto un dettaglio dei tagli e risparmi da cui ricaverà questa cifra. Più ottimistica – e ancora in aria – la previsione per l’anno prossimo, per cui si parla di 14 miliardi a disposizione del ministero dell’Economia, «10 dei quali serviranno all’Irpef – ha spiegato Padoan – e gli altri 4 rappresenteranno finalmente quel margine che ogni governo ha sempre sognato». Soldi che verranno stanziati dalla prossima legge di stabilità, ma subito il presidente del consiglio ha tenuto a specificare che «gli 80 euro sono strutturali»: anche se poi ha precisato che arriveranno in forma di «bonus, quindi per il momento senza una riforma fiscale o dei contributi, che pure arriverà». Messa così, è lecito dubitare del fatto che la strutturalità non sia effettiva e che rappresenti per ora solo un annuncio.

Ma intanto Renzi non vuole sentire i «gufi e rosiconi»: «Noi andiamo avanti come un treno», dice. E annuncia già «entro fine aprile la riforma della pubblica amministrazione della ministra Madia e lo sforbicia-Italia». Quindi nuovi tagli, di cui cadranno vittima – come già in parte ventilato – probabilmente i dipendenti pubblici.

Intanto ecco il dettaglio del dl Irpef, annunciato dal twitter di Palazzo Chigi con hashtag quali #oraics, #diesirap (gioco di parole in effetti riuscito) e #opendata. Da Bankitalia verranno (dopo la rivalutazione delle quote, in forma di tasse) 1,8 miliardi di euro per il 2014; dalle agevolazioni alle imprese 1 miliardo nel 2014 e 1 nel 2015; dal maggiore gettito Iva 600 milioni nel 2014 e 1 miliardo nel 2015; dall’innovazione della pubblica amministrazione 100 milioni nel 2014 e 1 miliardo nel 2015; dal taglio di beni e servizi 2,1 miliardi nel 2014 e 5 miliardi nel 2015; dallo «sfoltimento» delle municipalizzate (l’obbiettivo è scendere da 8 mila a 1000) arriveranno 100 milioni quest’anno e 1 miliardo l’anno prossimo; dalla lotta all’evasione 300 milioni nel 2014 e 3 miliardi nel 2015; dalla «sobrietà» (ovvero il tetto degli stipendi dei manager pubblici, portato da 311 mila a 240 mila euro annui) 900 milioni quest’anno e 2 miliardi nel 2015.

Il premier assicura che «non ci sono tagli alla sanità»: «E se trovate la parola sanità nel file che vi consegno – dice ai giornalisti – vi pago da bere». Al di là delle battute, va detto che nei 2,1 miliardi di euro previsti dai tagli a «beni e servizi» si può annidare qualsiasi rischio, anche relativo alla salute. Infatti, come ha spiegato lo stesso Renzi, si tratta di 700 milioni ciascuno per enti locali, regioni e Stato. Potranno decidere autonomamente dove tagliare, ma se non lo avranno fatto entro 60 giorni, il governo provvederà a fare da solo, «con tagli lineari». Insomma le forbici si potrebbero scatenare non solo sugli sprechi ma magari anche su qualche servizio sociale, ospedale o altra voce sensibile. Quindi si dovrà vigilare.

Come avverranno i tagli? Ogni ente locale, se si avverasse la previsione #opendata di uno dei tweet di ieri, potrebbe guardare nell’orticello del proprio vicino, e da lì ispirarsi: infatti Renzi ha annunciato che «entro 60 giorni tutti gli enti pubblici, locali e centrali, dovranno pubblicare on line tutte le loro spese: e se non lo faranno saranno sanzionati, ridurremo i trasferimenti». In questo modo, i più virtuosi potrebbero diventare una sorta di «standard» per gli spreconi. Ancora, per l’anno prossimo si annuncia l’invio delle dichiarazioni dei redditi on line a 32 milioni di italiani.

Scavando ancora tra i tagli, si trova che la Rai dovrà contribuire con 150 milioni di euro («l’azienda potrà vendere Raiway o riorganizzare le sedi regionali», ha spiegato Renzi), mentre dal taglio agli F35 verranno soltanto 150 milioni di euro. Si conferma l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie, che servirà a coprire il taglio del 10% dell’Irap per le imprese private.