Presenza fissa delle notti di coprifuoco sono i comitati popolari. Ieri un carretto sbarrava la strada del quartiere di Aguza alle macchine degli sconosciuti che non rispettavano il coprifuoco. In ogni quartiere sono nati comitati popolari di autodifesa. Purtroppo in questi gruppi di giovani e uomini di mezza età, che si danno il cambio di giorno e di notte, si infiltrano spesso piccoli criminali armati. Portano con sé catene e bastoni o veri e propri arsenali, forniti dalla polizia.

La legge marziale dà alla polizia il diritto di sparare, ma conferisce anche una sorta di potere speciale alla società di adoperarsi in azioni arbitrarie. E i primi a pagarne il prezzo in questo caso sono i Fratelli musulmani. Era successo lo stesso la notte del 28 gennaio 2011, quando in seguito alle manifestazioni di piazza, il ministero dell’Interno aveva ritirato la polizia dalle strade.

Ma di cosa si occupano i comitati popolari quando le strade sono calme? La ricercatrice Asya El-Meehy ha raccolto testimonianze a Basatin, un quartiere del Cairo, dopo le rivolte del 2011. Qui vivono persone di classe media e lavoratori. Hanno formato comitati popolari persone appartenenti alla classe media. Il primo obiettivo era ristabilire la sicurezza in seguito alle violenze. Dopo la fine di Mubarak, i residenti hanno dato alle fiamme il comune e hanno ucciso un poliziotto che si era reso responsabile della morte di un conducente di microbus. Per mesi, si sono occupati di pulire le strade, sistemare le fontane e pitturare i palazzi. Il gruppo ha iniziato a occuparsi di politica per esempio per informare i giovani degli emendamenti alla Costituzione proposti dall’esercito nel marzo 2011. Alcuni fondatori del comitato hanno partecipato alle elezioni da indipendenti.

Secondo Asya, lo sviluppo dei comitati popolari segue un processo di diffusione dall’alto con lo scopo di mantenere la «pace sociale». Nei villaggi i comitati sono stati spesso formati da uomini di mezza età, selezionati dai sindaci per la loro provenienza, i poveri venivano esclusi, mentre erano inclusi ex esponenti del Partito nazionale democratico. Non hanno creato sistemi decisionali partecipativi, contando su donazioni sporadiche. Ogni comitato si è specializzato in un’attività. L’informalità con cui si sono sviluppati questi comitati ha fatto spesso perdere credibilità ai loro rappresentanti. Anche se la giunta militare ha proposto di fornire delle licenze per le attività dei comitati, molti gruppi hanno rifiutato di cooperare con l’esercito. Alcuni comitati popolari hanno firmato protocolli, divenendo organizzazioni non-governative registrate. Questa trasformazione ha spesso limitato la loro efficacia. La formazione dei comitati popolari dimostra come la distinzione tra stato e società sia ambigua soprattutto in momenti di trasformazione politica come questa. E così lo stato in Egitto è un insieme di pratiche e di effetti più che un monolite.