È finita con l’occupazione e lo smontaggio dell’ufficio del Magistrato alle Acque di Rialto, la giornata di mobilitazione lanciata dai centri sociali e dai comitati ambientalisti di Venezia per il Renzi Day. Il presidente del consiglio, sbarcato in laguna per inaugurare la Digital Venice Week, è stato accolto da un folto gruppo di manifestanti No Mose e No Grandi Navi che ha assediato l’antico Arsenale. Gli attivisti sono riusciti a far passare una delegazione che ha consegnato a Matteo Renzi un documento in cui si chiede lo scioglimento del Consorzio Venezia Nuova e il superamento del sistema della “concessionaria unica” che, come hanno dimostrato le inchieste dei magistrati, è stato uno strumento non solo di corruzione ma anche di accentramento del potere in mano a una lobby affaristica che ha condizionano la politica, non solo quella cittadina o regionale, a tutti i livelli.

«Se Renzi vuole davvero trovare una via di uscita alla palude di corruzione in cui è sprofondata Venezia – ha commentato Beppe Caccia, già consigliere per la lista In Comune con Bettin, nel disciolto consiglio comunale – deve ascoltare chi da oltre vent’anni denuncia questo sistema che mescola malaffare e malgoverno. Inutile cercare di scaricare tutte le colpe su Baita e Mazzacurati! Erano tutte le imprese che facevano capo al Consorzio a decidere chi spingere politicamente e chi corrompere per far proseguire un’opera come il Mose che non poteva essere realizzata se non bypassando tutte le procedure di tutela ambientale e di gestione trasparente dei fondi».

Tra le richieste che i comitati hanno portato a Renzi figura una moratoria su tutte le Grandi Opere attualmente in fase di realizzazione nel Veneto in attesa che la magistratura faccia chiarezza sull’uso dei fondi e che venga compiuta una verifica da parte di organismi indipendenti (cosa che per il Mose non è mai stata fatta) sull’effettiva utilità, sulla sostenibilità ambientale e sulla pericolosità della struttura.

L’assedio all’Arsenale si è concluso con l’occupazione dell’ufficio del Magistrato alle Acque, proprio ai piedi del Ponte di Rialto. Gli attivisti sono entrati nella sede e hanno letteralmente smontato ogni cosa: dai computer ai cassetti, dagli schedari ai quadri alle pareti. Un lavoro certosino che riveste un significato simbolico, come ci spiega Tommaso Cacciari del laboratorio Morion: «Abbiamo chiesto a Renzi che il Magistrato alle Acque che si è rivelato uno dei cardini della corruzione (nell’elenco degli ultimi presidenti, è difficile trovarne uno che non abbia mai avuto le manette ai polsi, ndr) e che fa capo direttamente al Ministero, venga sciolto per riversare le sue competenze all’interno del Comune di Venezia che è un ente più vicino ai cittadini». E così, tanto per portarsi avanti col lavoro, gli hanno smontato l’ufficio!