Proteste, cordoni, blocchi, cariche della polizia. Svenimenti, contusi, attimi di altissima tensione. Una giornata, quella vissuta ieri a Melendugno, nel profondo Salento, che sembra preannunciare una nuova Val di Susa.

Al centro di tutto, ovviamente, la realizzazione dei lavori in preparazione della costruzione del microtunnel che porterà il gas che arriverà dal Mar Caspio tramite il gasdotto Tap, collegandolo alla rete nazionale Snam.

Un’avvisaglia di quanto successo ieri si era avuta la scorsa settimana, quando la società ha deciso di sospendere i lavori di espianto degli ulivi richiesta dal prefetto di Lecce, Claudio Palomba, in attesa di un chiarimento del Ministero dell’Ambiente, giunto nella tarda serata di lunedì, quasi in concomitanza con la pubblicazione della sentenza con cui il Consiglio di Stato ha respinto i ricorsi del comune di Melendugno e della Regione Puglia.

Il Ministero ha infatti ribadito che l’espianto di 200 ulivi (su un totale di 10mila che saranno poi ripiantati), sul tracciato del microtunnel del gasdotto che risale dal mare, sta avvenendo secondo le prescrizioni indicate nella Valutazione d’Impatto Ambientale (dopo un iter di valutazione durato diversi mesi) e il rispetto dell’ambiente. Operazione che tra l’altro ha ottenuto tempo addietro l’ok da parte dell’Osservatorio filosanitario della stessa Regione Puglia.

Via libera che però secondo il comune di Melendugno, interessato dall’approdo costiero del gasdotto e dall’espianto degli ulivi, avrebbe dovuto ottenere un altro pronunciamento da parte della Regione.

Ecco perché ieri mattina all’alba, dopo i due ok di Consiglio di Stato e Ministero dell’Ambiente, oltre 300 cittadini del cartello ‘No Tap’, accompagnati da alcuni sindaci e consiglieri regionali, si sono ritrovati all’esterno del cantiere aperto dalla società incaricata dell’espianto degli ulivi, per provare in tutti i modi, senza però riuscirci, a bloccare le operazioni in corso.

Sul gasdotto Tap, è bene ribadirlo, le posizioni in campo sono da sempre molto diverse. Per Ministero dell’Ambiente e governo, si tratta di un’opera strategica «indispensabile per diversificare le fonti di approvvigionamento energetico: un’infrastruttura che punta su quel gas che la stessa Regione Puglia è impegnata a promuovere come alternativa alle fonti tradizionali», ha dichiarato ieri il ministro Galletti, richiamando anche il progetto di decarbonizzazione portato avanti dalla Regione in particolar modo per la centrale a carbone di Brindisi e l’Ilva di Taranto.

Il governatore Michele Emiliano invece, pur rimproverando a Roma la mancanza di ascolto delle istanze dei territori e di confronto con la stessa Regione, non si è mai dichiarato contrario alla realizzazione dell’opera in se, quanto all’approdo della stessa.

La richiesta portata avanti negli ultimi due anni, rimasta però soltanto sulla carta di ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, è infatti quella di spostare l’arrivo del gasdotto dalle coste del Salento alla zona industriale di Brindisi.

Emiliano intanto, in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale dove pende l’ennesimo ricorso della Regione, ha già annunciato il ricorso al Tar nei confronti del provvedimento di lunedì del Ministero con cui è stato confermato l’ok all’espianto degli ulivi. Tra il corsorzio multinazionale Tap, il governo e la Regione Puglia, ci sono i ‘No Tap’.

Centinaia di persone che contestano la realizzazione di un’opera ritenuta inutile e dannosa, per un territorio ad alta vocazione turistica e agricola.

Una protesta da sempre documentata che chiede di essere ascoltata, che ha visto momenti di grande tensione, come ieri, in concomitanza dell’espianto degli ulivi, simbolo di una terra che non si accontenta della garanzia che una volta terminati i lavori tutti tornerà come prima. La battaglia è appena cominciata.