Sopra il tetto dell’Hotel Europe, a Sarajevo, una giornalista televisiva intervista i suoi ospiti sul tema del giorno: ricorre infatti il centenario dell’omicidio dell’Arciduca Francesco Ferdinando ad opera di Gavrilo Princip, l’evento che mise in moto la prima guerra mondiale. Per alcuni Princip è un eroe anarchico, per altri un terrorista: «è il dualismo isterico che caratterizza il pensiero bosniaco», commenta uno degli intervistati. Nelle profondità dell’albergo stanno invece i lavoratori – cuochi, lavandaie, camerieri – che non vengono pagati da due mesi e progettano uno sciopero proprio nel giorno in cui l’Hotel Europe ospita la festa dell’Unione Europea per la commemorazione del centenario.

Death in Sarajevo di Denis Tanovic, in concorso alla Berlinale, è nato dal lavoro teatrale di Bernard Henri-Lévy, Hotel Europe appunto, che si focalizzava sulla preparazione del discorso di uno dei rappresentanti dell’Unione. «Mi è stato chiesto di filmare lo spettacolo – racconta Tanovic – e dopo aver assistito ad alcune prove mi è venuta l’ispirazione per fare un intero film, che riproducesse lo spirito del testo teatrale e ne espandesse la storia».

Questa la genesi della vicenda dei lavoratori determinati a scioperare e della conduttrice televisiva sopra il tetto che – dice l’attrice che la interpreta, Vedrana Seksan – riproducono al tempo presente «i cicli infernali che la Bosnia sta attraversando».

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L’Hotel protagonista del film, invece, è lo stesso che il regista vedeva tutti i giorni andando a scuola alle elementari: «Un incredibile documento del desiderio socialista di rendere le cose migliori». A tenere uniti i diversi livelli della storia che si svolge al suo interno è l’indaffarato girovagare dell’assistente del direttore della struttura».

È l’immaginario di Denis, la sua fantasia, il suo mondo – spiega l’autore del testo di riferimento Bernard Henri-Lévy – ma allo stesso tempo viene dal mio lavoro». Lui e Tanovic si conoscono da vent’anni, racconta, dai tempi in cui il regista stava tra i difensori di Sarajevo sotto assedio: «ed era uno dei più coraggiosi, perché il suo lavoro consisteva nel filmare immagini della guerra». Simbolicamente è molto importante che il film venga proiettato oggi, osserva Henry-Lévy: «il giorno in cui infine, dopo tanto tempo e lavoro, la Bosnia Erzegovina sta dando inizio al processo per fare richiesta di entrare in Europa».