I ministri del Commercio, delle Finanze e i presidenti delle Banche centrali, sono già al lavoro da ieri, ma il VI vertice dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) entra nel vivo oggi: a Fortaleza, capitale dello Stato del Ceará, la quinta città del Brasile, importante centro turistico, commerciale e finanziario, situato nel nord-est del paese. E domani, i presidenti delle cinque economie emergenti si sposteranno a Brasilia, per incontrare i massimi rappresentanti delle nazioni sudamericane che fanno parte di Unasur e della Celac, l’organismo che riunisce la Comunità degli stati latinoamericani e dei Caraibi.

Alla presidente brasiliana Dilma Rousseff il compito di aprire la discussione sul tema «Crescita inclusiva: soluzioni sostenibili», e quello di assumere la presidenza pro-tempore dei Brics. Poi si dovrà decidere a chi, fra cinque anni, toccherà la successiva presidenza, se a Shangai o a Nuova Delhi.

Un vertice importante, sia sul piano economico che su quello geopolitico. Sul tavolo, la creazione di una banca per lo sviluppo e di un fondo riserve di divise per sostenere i paesi membri in difficoltà. Per la Banca di nuovo sviluppo – che lascia aperta la porta alla futura partecipazione di altre nazioni emergenti come Turchia, Messico, Indonesia o Nigeria – , è previsto un capitale iniziale di 50.000 milioni di dollari (36.000 milioni di euro), 100.000 milioni di dollari destinati ai prestiti. Un fondo di riserve pari ad altri 100.000 mila milioni di dollari è stato previsto per aiutare i paesi del gruppo con eventuali problemi di liquidità come quelli affrontati da alcuni paesi europei durante la crisi finanziaria. La Cina porterà 41 mila milioni, mentre Brasile, Russia e India contribuiranno ognuno con 18 mila milioni e il Sudafrica con 5 mila milioni di dollari. Il Sudafrica ha proposto Johannesburg come sede del Banco di sviluppo. Si prevede che la Banca realizzi il suo primo prestito nel 2016. In Parallelo, si svolge un Forum nel quale discutono di affari 700 imprenditori provenienti dai paesi dei Brics. Ma anche i movimenti sociali organizzano un controvertice.
Iniziative per contrastare l’egemonia del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, hanno precisato i rappresentanti del governo brasiliano, sottolineando l’esigenza, non solo economica, di consolidare nuove aggregazioni nel quadro di un mondo multipolare.

Un quadro in cui viene anche rimesso in questione il ruolo esercitato dai tribunali internazionali, che trascinano in giudizio gli stati, seguendo gli interessi delle grandi corporations. E anche di questo si discuterà con i paesi sudamericani. L’Argentina è fra i paesi con più vertenze aperte presso i tribunali di arbitraggio. E ora è nuovamente a rischio default per via delle richieste dei «fondi avvoltoi», che esigono il pagamento per intero dei crediti contratti dopo la bancarotta del 2001-2002. Vladimir Putin, reduce da una settimana di incontri in America latina, ha ufficialmente invitato la sua omologa argentina, Cristina de Kirchner. E così si è parlato di un eventuale allargamento dell’area dei Brics. Ipotesi, però, allontanata da Rousseff.

Ma intanto Putin, per decisione della Duma, ha deciso di condonare a Cuba il 90% del debito contratto con l’Unione sovietica (35 mila milioni di dollari), dando un altro segno di visibilità nello sviluppo di buone relazioni economiche intrattenute con l’America latina. La Russia ha appoggiato Cristina de Kirchner nella sua battaglia contro i «fondi avvoltoi» e in quella per la sovranità delle isole Malvinas. E tra i due paesi vi sono serie trattative per concludere accordi per lo sfruttamento del maggior giacimento di idrocarburi non convenzionali (uno dei maggiori al mondo), presente nella regione argentina di Vaca Muerta. E alla cena offerta sabato in onore di Putin dalla presidente argentina erano presenti i presidenti di Bolivia, Uruguay e Venezuela (con il quale Putin ha eccellenti relazioni commerciali).

Secondo gli ultimi dati dell’Fmi, quest’anno l’economia mondiale crescerà del 3,7% e i paesi dei Brics saranno quelli in cui la crescita sarà maggiore. Entro il 2025, si prevede che i Brics racchiuderanno il 30% dell’economia mondiale. Nel 2014 e nel 2015, il Pil della Russia crescerà rispettivamente del 2% e del 2,5%. La crisi russo-ucraina ha però portato diversi grattacapi a Putin, moltiplicandone al contempo il protagonismo nello scenario diplomatico internazionale. Quanto al successivo blocco di paesi emergenti, i cosiddetti Mint (messico, Indonesia, Nigeria e Turchia), nei prossimi vent’anni avranno dalla loro diversi punti forti da spendere nel mercato internazionale: in primo luogo la crescita demografica e l’aumento della forza-lavoro. Pur tallonati dalla politica degli stati socialisti, come Cuba, Venezuela, Ecuador e Bolivia, i progetti dei Brics non promettono un’alternativa al capitalismo, ma solo una correzione di forme. E per questo, in molti hanno accostato il vertice a quello tenuto dagli Usa e da 44 paesi a luglio del ’44, a Bretton Woods.

All’indomani della II guerra mondiale, lo spettro di una minaccia esterna, ideologica e politica (l’Unione sovietica) ha consentito al campo occidentale di sedimentare le sue alleanze. Oggi, il pericolo economico e commerciale proveniente dall’Asia (capitalista) guidata da Pechino permette a Washington di manovrare il disegno politico basato sui partenariati traspacifici (Ttip): nuove norme da imporre in seguito anche alla Cina , fidando pure sull’insofferenza dei Brics, riottosi a sostituire l’egemonia di Washington con un’altra nuovamente costringente, quella di Pechino.

Ma anche gli emergenti conoscono il manifesto di Richard Rosecrance, il più accanito sostenitore del Ttip fra gli intellettuali, che dirige a Harvard un centro di ricerche sui rapporti fra Usa e Cina. Il manifesto, pubblicato l’anno scorso, ricorda che le nazioni d’Oriente, guidate dalla Cina e dall’India, supereranno l’Occidente in materia di crescita, innovazione e reddito, e anche in termini di proiezioni relative alla potenza militare. Il produttore che non riesce a vendere una determinata merce – commenta Rosecrance -, è spesso portato a fondersi con una società estera per allargare l’offerta e aumentare la quota di mercato. Gli stati si trovano di fronte a scelte dello stesso tipo.

Una metafora che squarcia il velo sulle reali intenzioni del Ttip, nonostante il gran parlare di cultura e democrazia e sviluppo di cui viene ammantato. Ma anche di questo, le forze popolari che, all’interno dei Brics, premono per coniugare lo sviluppo a una nuova giustizia sociale, dimostrano di essere avvertite.