Lasciare la città per ricreare in campagna il legame fra natura e cultura, lanciare una start up per eliminare la plastica dai fiumi dell’Asia, dedicare ogni giorno della propria vita alla cura degli animali, strappare la terra alle mafie per restituirla alla coltivazione, studiare a fondo metodi di edilizia biologica e sostenibile. Imprese eccezionali e da eccentrici o scelte sempre più sensate e necessarie? Da un libro sulla figura di Maurizio Costanzo a quello sulla strage di Bologna passando per un romanzo narrazione collettiva dell’Italia contemporanea: dopo un libro inchiesta sulle navi cariche di rifiuti gestite dalla mafia, lo scrittore e giornalista Riccardo Bocca torna sull’ambiente e le sue problematiche globali e gravissime in maniera diversa. La terra siamo noi (Ed. Harper Collins) con uno spirito fortemente antropologico ha due obiettivi: cercare di colmare il vuoto che c’è fra i grandi temi dell’ambiente trattati a livello internazionale con figure simbolo come quella di Greta Thumberg e l’identità di ciascuno di noi, e rendere concreto, pratico e post-ideologico un tema che invece deve diventare parte integrante di ognuno, non necessariamente come missione o vocazione ma come atteggiamento quotidiano. Un libro che si rivolge a tutti coloro che sentono l’esigenza di partecipare a un cambiamento e di capire all’interno delle loro vite quali siano le scelte che si possono fare e che possono fare la differenza.

Riccardo Bocca, innanzitutto volevo chiederle come ha individuato queste storie e quale criterio ha guidato la scelta.

Trovare storie di questo tipo non è un stato problema. La rete è uno strumento fondamentale per individuarle, basta avere voglia e ascolto. Poi ci sono le attività che queste persone fanno sul territorio: i protagonisti di questo libro sono tutti impegnati a livello personale o professionale quando vedono minacciato l’ambiente che gli è vicino. Per quanto riguarda la scelta, ho cercato di raccontare le persone che hanno incrociato l’ambientalismo attraverso le propria passioni o professioni.

Quali idee idee nuove e interessanti ha trovato?

Nessuno di loro aveva smania di visibilità, anzi erano molto prudenti, pur riservandomi una grande generosità ed empatia, contrariamente a quello che si può pensare di chi sembra sacrificare i rapporti umani nel dare priorità all’ambiente. Lo spunto che ho ricevuto da tutti loro è che ogni vita può trasformarsi in base alle nostre esigenze.

I suoi personaggi sono protagonisti di storie positive, ma in qualche caso sono anche autori di denunce.

C’è la storia di Aran, un ragazzo che a soli 14 anni ha intrapreso una battaglia in difesa del torrente che scorre sotto casa sua, a Cividale del Friuli. Ha scoperto per caso, dalla rete, che si voleva costruire una centrale idroelettrica, il che per quel tipo di corso d’acqua rappresentava una minaccia, in quanto l’idroelettrico, contrariamente a quello che possiamo pensare, non è una forma di produzione energetica sempre sostenibile e in alcuni casi, come nei territori di montagna, può fare dei grandissimi danni. Questo ragazzino ha coinvolto associazioni, compaesani e istituzioni creando consapevolezza, tra lo scetticismo di chi non ha ancora capito che non esiste una sola cultura ambientalista. Bisogna imparare a intervenire in maniera adeguata a seconda della specifica situazione, non applicare un modello a priori.

C’è una storia, quella di Valentina Fiore, che ci mostra un intreccio fra crimine e ambiente così forte che sembrava impossibile da sciogliere. Invece accade il contrario.

Valentina Fiore è il simbolo del processo virtuoso che volevo affrontare con questo libro: partire dalle negatività per arrivare alle soluzioni, perché la denuncia fino a sé stessa rischia di restare un atto di antagonismo anziché trovare la forza di diventare patrimonio collettivo attraverso una pratica. È una signora siciliana che, dopo aver studiato al Nord il rapporto fra economia ed etica, decide contro il parere di tutti di tornare nella sua terra. Ora da amministratrice delegata di Libera Terra sta conducendo un’operazione straordinariamente incisiva di recupero delle terre sequestrate alla mafia, a cui viene restituita nuova vita utilizzando sistemi di agricoltura biologica e biodinamica. Si è generata una forma di economia non solo locale, che riesce a strappare non solo la terra alle mafie ma i lavoratori dal ricatto a cui sono sottoposti. Questa storia è importante anche perché mostra come le rivoluzioni sono da un punto di vista molto concreto atti che incidono sui cambiamenti economici e sulle abitudini. La mafia da elemento endogeno è diventato estraneo e dissonante.

La maggioranza di queste storie riguardano figure femminili: è un caso, una scelta, un dato di fatto?

Trovo che le donne abbiano una concretezza, un’intelligenza e un rispetto degli altri che fatico a trovare negli uomini. La terra è donna. Il fatto che ci siano più storie di donne non è dipeso dalle quote rosa ma dal fatto che quando ho cercato eccellenza, sensibilità e capacità di entrare in sintonia con la terra ho trovato moltissime donne straordinarie.

Il suo libro è stato influenzato dalla pandemia di Covid-19?

Questo libro era previsto uscisse il 22 aprile, la Giornata mondiale della terra, ma abbiamo deciso di fermarlo perché in quel momento il mondo era paralizzato da un evento che stava dimostrando come l’uomo, nonostante tutta la sua arroganza, nel giro di due mesi possa essere messo all’angolo e riportato a quello che è, cioè una figura di passaggio su un pianeta che per quanto noi ci stiamo impegnando a distruggere resisterà, mentre noi siamo destinati a scomparire. Dopodiché questo lavoro nella pandemia ha assunto ancora più valore, perché il senso di queste storie è proprio dire che non dobbiamo aspettare che arrivi un evento così drammatico per capire che l’amore che proviamo per noi stessi va trasferito alla terra. Fin dall’inizio della pandemia sono stato convinto che non si sarebbe verificata nessuna trasformazione, perché la presa di coscienza non passa attraverso i traumi ma attraverso l’informazione e l’educazione. A questo dobbiamo lavorare anche attraverso quello straordinario strumento orizzontale che è la rete, se ben utilizzata.