Sono passati solo quattro mesi da quando il Piemonte ha salutato i 40 medici ed infermieri cubani che avevano prestato servizio presso le Officine Grandi Riparazioni di Torino dove era stato allestito un ospedale Covid durante la prima ondata. I nuovi bandi che la Regione Piemonte sta emanando per il reclutamento di personale sanitario prevedono però come requisito la «cittadinanza italiana o cittadinanza di uno degli stati membri dell’Unione Europea» escludendo così centinaia di medici, infermieri e personale sanitario di origine extraUe presenti in una delle regioni più colpite dalla seconda ondata pandemica. Per questo il capogruppo a Palazzo Lascaris di Liberi Uguali Verdi, Marco Grimaldi, ha attaccato la Giunta regionale guidata del forzista Alberto Cirio sostenendo che «i nostri ospedali sono a un passo dal collasso e il nostro personale sanitario è allo stremo, costretto a turni massacranti e sempre sotto pressione, occorre lasciare da parte le proprie posizioni politiche e agire, tutti, per il bene della nostra comunità». «Invito pertanto Cirio e la sua maggioranza leghista – conclude Grimaldi – a tornare sui propri passi e aprire i bandi anche a medici, infermieri e personale sanitario extracomunitario». Dello stesso tenore la presa di posizione del Segretario Regionale del Pd, Paolo Furia, che si domanda il perché «ci si mette a fare questioni di origine e di nazionalità proprio nel momento in cui il bisogno di personale è al massimo». Entrambe le opposizione chiedono alla Regione di intervenire subito per rimuovere «questa limitazione ideologica, irragionevole e nociva».

Questa limitazione nei bandi non sta avvenendo solo in Piemonte ma, come ci spiega Paola Fierro dell’Associazione Studi Giuridici sull’immigrazione (Asgi), la situazione è presente in molte aziende sanitarie sparse in tutta la penisola: «Stiamo monitorando molti bandi che gli ospedali e le Asl stanno emanando e stiamo riscontrando posizioni simili a quelle della Regione Piemonte». «Per questo come Asgi, insieme a “Lunaria” e “Italiani senza cittadinanza”, ci siamo fatti promotori di un appello pubblico per chiedere l’assunzione di personale sanitario straniero».

Nel loro appello, le associazioni, ricordano che in Italia sono presenti circa 77.500 persone aventi cittadinanza straniera con qualifiche sanitarie: 22mila medici, 38mila infermieri, e poi fisioterapisti, farmacisti, odontoiatri e altri professionisti della sanità. La soluzione di questo problema potrebbe derivare dalla eliminazione degli ostacoli alla assunzione di personale sanitario di cittadinanza non italiana, sul quale è intervenuto recentemente l’art. 13 della legge 27/2020 (il Cura Italia) che ha stabilito che, limitatamente al periodo dell’emergenza epidemiologica, «le assunzioni alle dipendenze della pubblica amministrazione per l’esercizio di professioni sanitarie e per la qualifica di operatore socio-sanitario sono consentite, in deroga all’articolo 38 dlgs 165/01, a tutti i cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione europea, titolari di un permesso di soggiorno che consente di lavorare, fermo ogni altro limite di legge».

Secondo le tre associazioni «occorre quindi porre mano rapidamente alla materia e darle un nuovo assetto, che tenga conto del contributo che i sanitari stranieri possono dare nell’emergenza, ma anche del dovere della pubblica amministrazione di garantire – nell’interesse della collettività – l’accesso ai posti di lavoro ai più capaci e meritevoli, senza distinzioni di cittadinanza».