Lega e Cinque stelle raggiungono un accordo sulle trivellazioni che, in poche parole, dice questo: per il momento la ricerca di gas e petrolio nel nostro Paese è sospesa; tra diciotto mesi si vedrà.

L’EMENDAMENTO AL DDL di conversione in legge del decreto semplificazioni prevede, infatti: 1) che entro diciotto mesi dovrà essere approvato un piano che stabilisca dove sia possibile cercare ed estrarre (e dove no); 2) che il piano dovrà essere adottato dal Ministro dello sviluppo economico previa intesa con la Conferenza unificata, e cioè con l’accordo dei Comuni e delle Regioni, per le attività su terraferma; se non ci sarà l’intesa, il Ministro farà da sé; 3) fino a quando non sarà approvato il piano, la ricerca è ferma, l’estrazione no.

IN PRATICA, CIÒ CHE subisce una battuta d’arresto sono soltanto i procedimenti già avviati per il rilascio di un permesso di ricerca e i permessi già rilasciati, non l’estrazione. E la sorte di ciò che è sospeso dipenderà solo da quello che stabilirà il piano. Un esempio: se il piano dirà che le attività di ricerca e di estrazione non sono compatibili con il territorio della Provincia di Ravenna, accadrà che: 1) per le richieste volte ad ottenere un permesso di ricerca, il Ministero interromperà definitivamente i procedimenti sospesi dall’emendamento; 2) per i permessi già rilasciati, e nel frattempo sospesi dall’emendamento, il Ministero adotterà un provvedimento definitivo di revoca; 3) per l’estrazione, il Ministero bloccherà i procedimenti ancora in corso al momento dell’adozione del piano; 4) le concessioni già rilasciate resteranno, invece, vigenti.

Se il piano dirà, al contrario, che quelle attività sono compatibili con la provincia di Ravenna, ogni attività riprenderà il suo corso: i procedimenti arriveranno a termine; i permessi torneranno ad avere efficacia; i procedimenti per estrarre non subiranno alcuna interruzione; e così pure l’estrazione già autorizzata.

CI SONO DIVERSI problemi giuridici che l’emendamento pone. Come il fatto che i provvedimenti di sospensione dei permessi già rilasciati verranno quasi certamente impugnati dalle società petrolifere dinanzi al Tar per lesione del legittimo affidamento. E ci sono pure questioni assai discutibili, come ad esempio la conferma di ciò che il governo guidato da Mario Monti ha voluto nel 2012, e cioè la proroga automatica delle concessioni già scadute: con buona pace dei cittadini lucani, che si vedranno prorogare l’estrazione in Val d’Agri per altri dieci anni.

NON È, TUTTAVIA, questa la sede per analizzare più a fondo questo emendamento.

Una domanda va, però, posta: cosa accadrà se il piano non dovesse arrivare? L’emendamento, infatti, introduce una normativa, per così dire, «a termine»: trascorsi i diciotto mesi, non ci potrà essere un altro piano. E lo stesso accadrà se, approvato il piano, per qualsiasi motivo un giudice amministrativo dovesse bocciarlo. I termini saranno spirati e la legge sarà morta. E tutto tornerà come prima. Come se l’emendamento non fosse stato mai approvato.