«Ciò che importa per noi è la coerenza», di contenuti e di metodo, «sulle politiche che si difendono e sulla maniera con cui queste sono difese» è il messaggio di Philippe Lamberts, co-presidente dei Verdi europei, impegnato in una difficile trattativa in seguito alla richiesta del M5S di entrare nel gruppo degli ecologisti a Strasburgo. I 14 eurodeputati pentastellati cercano ancora una casa nel Parlamento europeo, dopo le elezioni del 26 maggio. La delegazione grillina, guidata da Tiziana Beghin, ha già incontrato una prima volta la dirigenza dei Verdi europei e dovrà, nei prossimi giorni, rispondere a una serie di preoccupazioni sollevate dagli ecologisti. Primo scoglio «la democrazia interna del M5S» sottolinea il belga Lamberts, che aggiunge: «Solo quando supereremo questo scoglio affronteremo convergenze e divergenze» in materia di politiche migratorie, del rapporto con le istituzioni europee, passando naturalmente per le politiche ambientali. Divergenze che hanno sollevato malumori nel partito, in particolare da parte della delegazione tedesca. Anche i co-presidenti dei Verdi italiani, Elena Grandi e Matteo Badiali, hanno espresso preoccupazione. Favorevoli al confronto le delegazioni scandinave e quella francese.

A che punto sono i negoziati?

Stiamo discutendo a partire da una lista che abbiamo fornito alla delegazione del M5S, composta da una serie di punti che ci suscitano preoccupazione.

Questa estate eravate riluttanti rispetto a una alleanza con il M5S. Cos’è cambiato?

La fine dell’alleanza con l’estrema destra ha tolto il primo, e più importante, ostacolo.

Quali sono i punti di convergenza?

Basta guardare in che modo abbiamo rispettivamente votato. Il vero problema sono i punti che ci dividono, partendo dalla struttura del loro partito, dalle loro scelte, come per esempio incontrare un nemico della democrazia come Steve Bannon.

I Verdi sono un partito fortemente europeista, i 5Stelle hanno più volte mostrato insofferenza nei confronti delle istituzioni europee.

Questo argomento fa sicuramente parte della nostra discussione, ma procediamo per gradi. Il primo passo è la democrazia interna del M5S. Quando saremo rassicurati su questo punto affronteremo gli altri argomenti, la questione dell’euro, le politiche migratorie e via dicendo. Devo riconoscere che c’è una buona intesa con gli eurodeputati 5 Stelle, ma questi fanno parte di una struttura politica che solleva qualche preoccupazione.

Qual è il suo giudizio sulla piattaforma Rousseau?

Mi dispiace dirlo, ma abbiamo l’impressione che sia una piattaforma chiusa, non appropriata a un partito che funziona in maniera democratica.

Sarebbe diverso se la piattaforma non fosse gestita da una società privata?

I partiti Verdi funzionano in maniera democratica, possiamo certamente discutere della qualità di questa democrazia interna, ma i suoi organi interni sono ben noti, documentati e tradotti in statuti depositati presso le istituzioni democratiche. Il M5S è un partito di un’altra natura: è un’impresa privata di proprietà di un uomo.

I co-presidenti dei Verdi italiani, Elena Grandi e Matteo Badiali, hanno espresso preoccupazione

Ci siamo sentiti e le loro preoccupazioni fanno parte delle nostre riflessioni e delle nostre richieste.

I 5S hanno votato in favore della presidente Ursula von der Leyen, i Verdi contro.

Ognuno ha legittimamente votato secondo le proprie convinzioni. Il prossimo passo è il voto sull’insieme della Commissione. Vedremo cosa voteranno.

Dopo le elezioni europee ha dichiarato al manifesto «i temi verdi non trovano rappresentanza in Italia anche a causa del M5S, che ha monopolizzato le tematiche ambientali per poi dimenticarle». Cos’è cambiato?

È vero. Ai suoi esordi il M5S ha portato nello spazio politico italiano alcune questioni ambientali, per poi dimenticarsele. E credo che per questo alcuni elettori 5S siano delusi.

Il prossimo incontro è stato già fissato?

Nessuna data è stata ancora confermata, le posso dire che ci incontreremo presto.