La nota di viale Mazzini esce nel pomeriggio, quando il dibattito in commissione di vigilanza Rai è già iniziato, e suona beffarda: Luigi Di Maio sarà ospite stasera di Bruno Vespa, inaugurando il ciclo di interviste ai leader di partito. Eppure in commissione i 5 Stelle hanno appena illustrato la loro proposta (anticipata a ottobre dal presidente della vigilanza Roberto Fico): Vespa e Fabio Fazio devono rimanere fuori dalla campagna elettorale.

I due conduttori di Raiuno non hanno contratti giornalistici. Non li avevano nemmeno in passato: le loro (dal 2001 per quanto riguarda Vespa) sono «prestazioni di natura artistica». Quello che nel giugno scorso, puntando i piedi, sono riusciti a ottenere in più dall’azienda rispetto ai giornalisti di fatto e di nome, è la deroga, in quanto «artisti», al tetto di 240 mila euro annui sotto al quale, secondo la legge dell’ottobre 2016, devono rimanere gli stipendi Rai. Contro il tetto Fazio in particolare (ma non solo lui) aveva fatto fuoco e fiamme, pronto a lasciare la tv pubblica. Poi la retromarcia del cda, giusto in tempo per approvare i palinsesti autunnali consegnando a Fazio un contratto da 240 mila euro moltiplicati per dieci.

A questo punto, però, i 5 Stelle non ci stanno: «Occorre capire se è corretto che chi ha fatto la scelta di superare il tetto con un contratto da artista abbia un ruolo in campagna elettorale», sostiene in commissione Mirella Liuzzi, relatrice di minoranza del regolamento che dovrà fissare i paletti della par condicio tv nel periodo elettorale. Periodo durante il quale i talk di rete che ospitano politici sono ricondotti sotto la responsabilità delle testate giornalistiche. Liuzzi propone due alternative: «Eliminare i programmi di infotainment dalla campagna elettorale oppure ricondurre tutti i programmi sotto testata a condizione che il conduttore abbia un contratto da giornalista». In entrambi i casi Vespa e Fazio sarebbero esclusi.

Come la pensa, Vespa lo aveva già detto a ottobre: «Visto che ho lo stesso contratto dal 2001, andrebbero annullate tutte le elezioni degli ultimi 16 anni». Al di là del paradosso condito con un tocco di megalomania, escludere solo ora i conduttori non contrattualizzati come giornalisti perché hanno ottenuto la deroga al tetto suonerebbe come una sorta di ritorsione. Ma «è possibile che nel 2018 stiamo a dividere tra chi fa e chi non fa il giornalista?», taglia invece corto Enrico Mentana. E Michele Santoro: «In campagna elettorale la cosa principale è essere informati» e poi si tratta di «trasmissioni storiche».

Il Pd comunque ha già risposto picche ai 5S: «Non avendo affrontato in passato il tema della commistione tra informazione e intrattenimento, sarebbe una forzatura farlo in un regolamento che recepisce una norma primaria», sostiene Verducci, relatore di maggioranza. Ed «è un tema che ricade nell’ambito dell’autonomia dell’azienda».

Nessuna norma ad personam, ribattono i 5S, ma «vogliamo che il sistema cambi». Presenteranno 4 emendamenti al regolamento che sarà votato oggi: oltre alle proposte spiegate nel pomeriggio da Liuzzi, gli altri due emendamenti prevedono che almeno l’intervistatore (se non il conduttore) abbia un contratto giornalistico o che sia un giornalista, anche se con contratto diverso. Insomma, Vespa sì, Fazio no (idea che potrebbe allettare il centrodestra). E Di Maio sarà a Porta a Porta perché «non andare significherebbe escludersi dal gioco», dice il senatore Airola, con una nota critica: «Io avrei giocato una partita diversa».