Mentre l’ex «capo politico» del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio tace, il reggente Vito Crimi si presenta in conferenza stampa e manda messaggi ai suoi. Ammette la sconfitta elettorale in Emilia Romagna e Calabria (anche se, dice, «era prevista»), invita i suoi colleghi a restare uniti, nega che il voto di domenica possa influenzare i rapporti di forza dentro il governo e risponde a distanza al segretario Pd Nicola Zingaretti, che aveva salutato la vittoria di Stefano Bonaccini come il segno del ritorno al sistema bipolare. «Viene dato per scontato il ritorno del bipolarismo, come se le elezioni in due regioni equivalessero al voto nazionale – dice Crimi – Anche questa volta li deluderemo perché chi dice questo non ha capito cosa sia veramente il Movimento 5 Stelle, il perché siamo nati e quali sono gli ideali che ci guidano e ci rendono diversi da tutti gli altri».

GLI FA ECO LAURA CASTELLI, sottosegretaria all’economia, che ribadisce la collocazione terzista e autonoma del M5S: «La terza via è quella che si prende ogni giorno la responsabilità di andare oltre il consenso pur di lottare contro potentati e grandi lobby. Siamo noi. Quelli che da 10 anni percorrono una strada e che ora sono pronti per tracciarne una nuova, senza dimenticare che l’impossibile non esiste. Dopo il taglio dei parlamentari, altra nostra battaglia storica, tutto verrà rimesso in discussione. A partire da questo falso bipolarismo, tutto italiano, dove le realtà più diverse si mettono assieme solo per vincere. Noi compensiamo tutto questo», dice Castelli. Per il deputato Michele Gubitosa chi rivendica lo schema bipolare è legato alle «vecchie logiche della politica»: «Il finto bipolarismo ha come unico scopo quello di dividere la popolazione tra opposte tifoserie, per poi portare avanti le solite politiche che vedono tutti quanti d’accordo, da destra a sinistra».

TUTTO CIÒ ACCADE mentre è Giuseppe Conte in persona a sostenere che il vero sconfitto del voto di domenica è Matteo Salvini e che la lezione di queste consultazioni è che bisogna organizzare il campo che alla destra leghista si contrappone. Ma si badi bene: nessuno nel Movimento 5 Stelle, tantomeno Crimi, si sogna di mettere a rischio il governo. Il vero obiettivo polemico di queste dichiarazioni non è Zingaretti e tantomeno il presidente del consiglio. Cannoneggiare il bipolarismo e rivendicare l’autonomia del M5S è un modo per marcare il dibattito interno tra grillini proprio all’indomani di un voto che pare dare ragione a chi sosteneva l’esigenza di un accordo con il Pd. Non è un caso che tra i parlamentari vicini a Roberto Fico circoli da giorni la formula «Non si vince da soli», che evidentemente rimanda alle scelte strategiche da fare in regioni come Campania, Liguria e Puglia che torneranno al voto nei prossimi mesi. Un altro deputato molto attivo come il palermitano Giorgio Trizzino, che da tempo sostiene invece che il M5S non può non scegliere tra destra e sinistra, analizzando l’esito elettorale parla di «allineare l’attività interna al M5S a quella governativa». Chi difende questa posizione squaderna le prime analisi e la distribuzione del voto disgiunto elaborata dall’Istituto Cattaneo: in diverse province come Parma, Ravenna e Forlì una ampia maggioranza di elettori grillini ha scelto Stefano Bonaccini come presidente, finendo per fare la differenza e assecondando gli inviti al voto disgiunto che venivano da diversi 5 Stelle a tutti i livelli: (il 71,5% a Forlì, il 62,7% a Parma, il 48,1% a Ferrara) .

È ANCORA PIÙ ESPLICITO, ad esempio, il senatore Emanuele Dessì, che è uno degli autori del documento che prima delle dimissioni Di Maio ha reclamato nero su bianco una gestione più collegiale del M5S: «Il Partito democratico – argomenta Dessì – è come noi parte di un mondo, dobbiamo trovare il modo di ragionare insieme e creare un’alternativa all’estremismo della destra salviniana».
Oggi Crimi dovrebbe chiamare a raccolta ministri e sottosegretari del M5S per sciogliere il nodo del capodelegazione grillino nell’esecutivo che prenderà il posto di Luigi Di Maio: il ballottaggio sarebbe sempre tra Alfonso Bonafede e Stefano Patuanelli. In serata, Crimi è atteso alla prova del fuoco dell’assemblea congiunta dei parlamentari, prevista a Palazzo Madama.