Sono rimasti gli unici lavoratori ad avere la possibilità del prepensionamento. Ai tempi del Jobsact – che ha ridotto gli strumenti di gestioni delle crisi – i bancari continuano a poter andare in pensione in anticipo con uno scivolo supportato dal Fondo di solidarietà alimentato dai contributi di banche e lavoratori stessi. Così sono stati salvaguardati oltre 10mila lavoratori che hanno subito i fallimenti delle banche popolari per le malefatte degli amministratori e le quantomeno ritardate denunce di BankItalia. Ora però l’accordo sindacale più grosso – quello su Montepaschi che prevede l’esodo volontario di ben 4.800 dipendenti in cambio dell’assegno di pensione anticipato fino a 5 anni – contiene una trappola che rischia di produrre nuovi esodati. La denuncia assai circostanziata viene da un ex sindacalista, Stefano De Rosa di Roma, bancario ancora in attività. Analizzando l’accordo sottoscritto con i sindacati il 3 agosto, De Rosa si è accorto di «una formulazione capestro». Si tratta della domanda di adesione al fondo: i lavoratori «dovranno tassativamente entro il 10 ottobre rassegnare irrevocabili dimissioni telematiche». Una modalità, quella delle dimissioni telematiche, «che per il decreto legislativo 151 del 2015 esclude del tutto la possibilità di raggiungere accordi in “sede protetta” come quella sindacale, usata in tutti gli altri accordi nei quali i lavoratori sottoscrivevano le dimissioni nella sede dell’Abi, l’associazione bancaria italiana», spiega De Rosa. Il rischio è dunque la mancata salvaguardia in caso di modifica delle condizioni di pensionamento: se arrivasse un nuovo prolungamento dei requisiti di vecchiaia chi ha richiesto l’accesso al Fondo rischierebbe di trovarsi esodato. Secondo De Rosa questa particolare formulazione nasconde «un congruo favore al governo (ora azionista principale di Mps, ndr) il quale, in caso di modifiche legislative circa sulle pensioni, potrebbe in punta di diritto non sentirsi obbligato ad intervenire, evitando di coprire finanziariamente gli assegni per migliaia di lavoratori in mezzo al guado».
La risposta dei sindacati è improntata a tranquillizzare i lavoratori. «Non c’è nessun rischio», spiega Antonio Damiani che per la Fisac nazionale ha seguito l’accordo sottoscritto a Siena. «Nel caso di teoriche modifiche legislative troveremo le soluzione per salvaguardare i lavoratori assieme all’azienda, questo è scritto esplicitamente nell’accordo», continua Damiani. Per la Fisac «la particolarità dell’accordo riguarda soltanto il fatto che, essendo lo Stato il primo azionista di Montepaschi, la commissione Europea per dare il via libera al salvataggio ha imposto che non ci sia alcun incentivo salariale all’esodo dei lavoratori». L’accordo prevede che già 1.200 persone facciano domanda («volontaria») per uscire il primo novembre 2017, «ma le condizioni sono così vantaggiose che credo non ci siano problemi a raggiungere la quota».