Il Mei, il Meeting delle Etichette Indipendenti compie 20 anni e si «regala», il 26, 27 e 28 settembre a Faenza un’edizione ricca di eventi live incontri e presentazioni e dove verranno premiati gli Afterhours per il remake del loro storico album del 1997 Hai paura del buio? come «miglior album indie». Ma sarà anche la sua ultima edizione, così ha annunciato Giordano Sangiorgi, il patron artistico della manifestazione, presentandola a Roma: «Riteniamo si sia chiuso un ciclo e che sia necessaria una nuova iniziativa più aperta al mondo. È necessario chiudere questa fase perché ci siamo resi conto che la frammentazione in tante iniziative che c’è in Italia non aiuta a far crescere il pubblico per la musica indipendente».

Scelta dolorosa ma forse inevitabile perché tutta l’industria delle sette note ha subito un terremoto negli ultimi anni, e anche il Mei dal 1994 ad oggi si è radicalmente trasformato. Il mercato formato da major che lo dominavano e poi a barcamenarsi le piccole etichette, con l’avvento del digitale ha cambiato le gerarchie sostituendo gli attori.

Di fatto, tutti gli artisti – anche i big- in qualche modo lavorano in proprio. Da indipendenti, appunto..: «È così – conferma Sangiorgi, la manifestazione ha subito ogni 4 o 5 anni dei cambiamenti, spesso anticipando qualche volta rincorrendo i tempi. Durante la prima edizione avevamo più richieste di banchetti che di palchi su cui suonare.

Di internet non si parlava quindi il Mei divenne un punto di riferimento per i circuiti alternativi underground: era un diluvio di t-shirt, cassette, cd. Oggi siamo al fenomeno opposto, il prodotto non è più il disco ma il ’live’ con l’autopromozione affidata quasi sempre alla rete. Siamo di fronte alla morte della discografia indipendente che ha generato un grande sviluppo della produzione indipendente. Tant’è che oggi il made in Italy con la globalizzazione è tutto indipendente, ed è una grande vittoria del Mei e di tutti coloro che hanno operato nella filiera indie anche a discapito della major che vent’anni fa le osteggiavano. Ora questo know how è a vantaggio anche dei big italiani diventati nei fatti indipendenti».

Molta miopia l’hanno dimostrata i grandi gruppi discografici, non comprendendo per tempo la portata della rivoluzione…: «Una miopia generale, va riconosciuto. Anche il mercato indie ha commesso una leggerezza non trasformando in digitale tutto un patrimonio musicale degli ultimi vent’anni. Nel 2001 come Mei – ai tempi di Vitamic – tentammo di creare attraverso un portale, Volare, una sorta di aggregazione di produzioni indipendenti. C’era anche la disponibilità della discoteca di stato di darci materiale degli anni ’70 riversato su digitale. Ma non se ne è fatto nulla. Ormai il disco è destinato a diventare materiale per presentazioni o per nicchie come è oggi la produzione del vinile».

La tecnologia corre veloce e oggi anche l’Mp3 su cui tutti puntavano in realtà è stato già superato dallo streaming. L’operazione Apple-U2 in qualche modo ha sancito che la discografia tradizionale è ormai nei fatti surclassata dai nuovi colossi web, il «dispositivo» sopravanza il contenuto, ovvero la musica…: «La battaglia è proprio sul digitale. Lo sanno benissimo quelli di YouTube che hanno proposto qualche mese fa quei contratti capestro che se non accettati, avrebbero visto cancellati tutti i video indie dalla piattaforma.

È un serio ammonimento, perché se i gruppi indipendenti – che pure fatturano cifre non indifferenti – non si coalizzano rischiano di perdere questa guerra. Anche la vicenda degli editori contro Amazon, come è successo in Francia recentemente, deve indurci a delle serie riflessioni. Se non si trovano delle opportunità alternative si finirà in mano a sette otto monopolisti che alla fine ti uccideranno».

È la grande «contraddizione» della globalizzazione: «Negli ultimi vent’anni con fatica, gli indipendenti erano riusciti a conquistarsi un 25% del mercato grazie al supporto fisico, e non solo nel campo musicale a trarne beneficio sono stati cinema e dell’editoria».

L’edizione 2014 «finale» del Mei è nel segno di Freak Antoni, il leader degli Skiantos morto a febbraio: «Lui è stato il più indipendente di qualunque altro indipendente. Un amico personale e soprattutto del Mei dove è venuto sempre. Lo ricorderemo con una serie di iniziative: presentazioni di novità e ristampe riguardanti gli Skiantos e lanceremo una raccolta fondi attraverso un’asta di cimeli a lui dedicata per allestire una mostra». Il futuro del dopo Mei: «Non c’è ancora una idea concreta, ma vorremmo mettere insieme le menti migliori del settore. Ci proviamo».