Subito Carmelo Bene. Lui «in assenza» ma la sua presenza sarà fortissima, anzi dominante. Uno strumento, la sua «voce solista», fascinosissimo. Recitazione senz’altro molto musicale ma sembra più romantica che moderna o contemporanea o avantgarde come la ricordiamo, per esempio, in Don Chisciotte o in Majakovski. L’orchestra entra con gran rilievo delle percussioni e con uno splendido andamento di aritmia: blocchi di suoni, battiti isolati, polverizzazione molto materica, non eterea, di archi. La voce registrata (nel 1981, prezioso recupero) di Carmelo Bene interloquisce. Stiamo ascoltando una suite concertante per vocalista-attore e vari gruppi strumentali a cui si aggiungerà un coro.

Non è sicuro che Bruno Maderna avesse pensato in questa forma la sua versione (una delle tante) di Hyperion. Nel 1969 aveva ricavato da vari materiali scritti in diversi periodi per un lavoro ispirato a Hyperion di Hölderlin una suite con la voce recitante come una delle componenti dell’opera.

AFFIDATA nel 1980 da Marcello Panni, direttore musicale, la parte del recitante a Carmelo Bene, la suite di Maderna ha preso sembianze in cui la «narrazione» vocale, con i vari testi di Hölderlin che Bene ha estratto dal romanzo Hyperion e da varie poesie dello scrittore, diventa preponderante.Quest’anno è il centenario della nascita di Maderna e anche per questo viene allestita all’Aula Magna della Sapienza a Roma per la stagione della Iuc la versione 1980 di Hyperion con ulteriori cambiamenti e riduzioni ma con la voce-strumento che conduce la successione degli episodi. Non si celebra Maderna, si celebra Carmelo Bene. Niente di male: ascoltare Bene fuori campo è un’esperienza memorabile. Ascoltarlo in un’opera in cui la musica di Maderna diventa spesso un intermezzo nella sua recitazione magica, pone almeno qualche problema. Non filologico ma di piacere dell’ascolto.

Panni dirige con sapienza cristallina. L’orchestra è la Sinfonica Abruzzese. Il coro è il Ready-Made Ensemble allargato (di un bel po’). Nella prima delle sette parti, Introduzione e Messaggio, il flautista Gianni Trovalusci regge bene le impervie linee dei suoni ed è nel punto giusto della meraviglia sonora quando il suo strumento si sovrappone al sussurro di Bene e ancor più quando si diffonde nella sala un lirico piccolo «concerto» per flauto e pochi archi, tutto preziosità e arditezze del sapere di Maderna, un cultore della serialità e dell’affettività.

PARLIAMO dell’oboista Christian Schmitt. Superlativo per chiarezza e personalità, come lo sono le parti che Maderna ha scritto per il suo strumento (in dialogo con Bene o con l’orchestra) e che sono finite in questa versione al posto di quelle originariamente scritte per soprano. Nella seconda parte, Solo, lo ascoltiamo volare tra asprezze puntilliste e passaggi melodiosi. Ma è l’orchestra maderniana che suscita persino stupore per la varietà degli accenti: secche esclamative interpunzioni e cordiali capricciose sfrangiature.