«Gli arresti effettuati dalla polizia avvengono nel rispetto assoluto della legge e delle persone». Per Adnan Damairi, portavoce delle forze di sicurezza palestinesi, non c’è nulla di vero nella denuncia di Human Rights Watch (Hwr) sugli arresti arbitrari, le intimidazioni e le torture praticate dall’Autorità Nazionale di Abu Mazen in Cisgiordania e dal movimento islamico Hamas a Gaza contro oppositori e giornalisti o persone comuni che esprimono opinioni critiche sui social. A smentirlo ci sono le decine di palestinesi intervistati dal gruppo per i diritti umani che a inizio settimana ha presentato un rapporto di 149 pagine, documentando in particolare 20 casi in cui cittadini palestinesi, in Cisgiordania e Gaza, sono stati detenuti e torturati per nessuna ragione precisa al di là della scrittura di un articolo critico delle autorità o di un post su Facebook.

Amer Balusha, ad esempio, è stato arrestato e maltrattato il 3 luglio del 2017 dalla polizia di Hamas per aver messo a confronto la condizione dei figli dei leader del movimento islamico e quella degli altri ragazzi di Gaza. «Faceva molto caldo in quei giorni, soffrivamo, e su Facebook mi sono posto la domanda se i figli dei leader locali dormivano sul pavimento come gli altri bambini». Queste poche frasi sono state sufficienti a far scattare l’arresto. Un altro intervistato ha riferito del pestaggio compiuto da centinaia di agenti, prima nelle strade e poi nelle stazioni di polizia, dei manifestanti che circa un anno fa protestavano nei pressi della centrale elettrica chiedendo per alleviare la mancanza a Gaza quasi totale di corrente. In Cisgiordania Jihad Barakat, un giornalista, è finito in prigione per aver scattato una foto al primo ministro Rami Hamdallah bloccato dagli israeliani a un posto di blocco. «Sono un reporter e ogni giorno riferisco ciò che palestinesi subiscono (dall’occupazione israeliana, ndr)» ha raccontato «Il primo ministro Hamdallah aveva subito un abuso e io non ho fatto altro che filmarlo. Per quella foto sono stato detenuto per quattro giorni, prima a Tulkarem e poi a Ramallah».

Omar Shakir, direttore dell’ufficio di Hrw nei Territori palestinesi occupati, spiega che le persone arrestate dagli agenti delle forze di sicurezza dell’Anp e di Hamas, subiscono intimidazioni gravi, abusi e non poche volte anche torture. E a quanto pare hanno imparato bene dagli occupanti israeliani lo “shabeh”, una tecnica che costringe gli arrestati a sedere per molte ore in posizioni dolorose, in piedi o su sedie a misura di bambino, con le mani legate dietro la schiena o la testa. Sami al Sai, un altro giornalista arrestato dall’Anp, è stato tenuto dal momento dell’arresto fino al mattino in queste posizioni, bendato e a tratti appeso al soffitto. Le autorità in Cisgiordania e Gaza hanno risposto al rapporto di Hrw affermando che i casi di abusi e torture sono isolati e non rappresentano il comportamento abituale delle forze di sicurezza. Per il gruppo dei diritti umani invece queste pratiche sono abituali e diffuse.