Mogadiscio è stata nuovamente colpita questa domenica dal gruppo Al-Shabaab, affiliato ad Al-Qaeda, con un bilancio provvisorio di almeno 9 morti e una dozzina di feriti. Un attacco durato diverse ore visto che ancora in serata decine di persone sono state portate in salvo dalle forze di sicurezza somale.

«Hanno utilizzato la loro tattica abituale, un veicolo carico di esplosivo si è schiantato contro il cancello d’ingresso dell’hotel Afrik e poi 4 uomini armati hanno fatto irruzione aprendo il fuoco contro il personale e i clienti per farsi infine esplodere; nell’attacco sono morte almeno 4 uomini delle forze di sicurezza e il generale Mohammed Nur Galaal» ha detto all’Afp il portavoce della polizia Sadiq Adan Ali.

L’obiettivo dell’attacco era proprio Mohamed Nur Galaal, ex ufficiale di carriera, politico in pensione e una delle figure più importanti del clan Hawiye, molto influente sulla politica del paese e considerato un vero eroe nella lotta contro i jihadisti. Domenica doveva partecipare a un’assemblea convocata delle opposizioni in vista delle elezioni presidenziali e legislative previste per l’8 febbraio. L’Hotel Afrik si trova in una posizione strategica, vicino all’aeroporto internazionale, ed è spesso frequentato da funzionari, membri delle forze di sicurezza e leader comunitari.

Gli Al-Shabaab hanno rivendicato l’attacco, condotto «con l’obiettivo di impedire in qualsiasi modo le elezioni e di colpire tutte le istituzioni e i simboli dello stato». Nelle stesse ore infatti il governo cercava di organizzare il voto che dovrebbe svolgersi lunedì prossimo, in coincidenza con la scadenza del mandato del presidente Mohamed Abdullahi Mohamed, detto “Farmajo”.

Un ambizioso obiettivo, quello di far svolgere in Somalia le prime elezioni pienamente democratiche dal 1969, «dando a ogni cittadino un voto», visto che nell’attuale sistema elettorale i delegati dei clan eleggono i parlamentari che poi votano il presidente.

In realtà l’accordo raggiunto a settembre tra il presidente “Farmajo”, sei leader regionali e il sindaco di Mogadiscio poggiava su un complesso sistema di voto legato sempre all’appartenenza ai clan. Ma tutto è saltato per le continue spinte indipendentiste dei diversi stati (Puntland, Galmudug, Jubaland, South West State, Hirshabelle e Somaliland) e la scarsa fiducia nel governo centrale.

Lo scorso mercoledì il rappresentante Onu per la Somalia, James Swan, aveva lanciato un appello per smuovere l’impasse politica, considerata come un ulteriore elemento di destabilizzazione del paese. «Il rispetto di questa scadenza è purtroppo irrealistico – ha ammesso Swan – ma stiamo cercando di incoraggiare la leadership somala a tentare qualsiasi mediazione per trovare una soluzione comune in tempi certi, visto che il rischio è una concreta implosione del Paese a causa delle spinte indipendentiste, della violenza tra clan e dell’insurrezione jihadista».