Le pompe funebri di Hong Kong hanno comunicato di essere «al completo» fino a metà aprile: troppi decessi, procedure burocratiche farraginose a testimoniare una situazione che pare sfuggire al controllo delle autorità.

Le immagini che hanno fatto il giro del mondo di cadaveri dentro a borsoni color argento, ammassati nei reparti ospedalieri (foto scattate in precedenza, secondo alcuni funzionari degli ospedali di Hong Kong), rendono l’idea della situazione attuale dell’ex colonia britannica dove ieri si sono segnalati oltre 29mila contagi.

Ma nelle ultime settimane il numero dei contagiati ha superato il mezzo milione (12mila sono operatori sanitari) e i morti sono almeno 3mila. Si tratta di 3,28 morti ogni 100mila cittadini, un tasso di mortalità più alto del Regno Unito nel suo momento pandemico peggiore e prima che iniziassero le vaccinazioni.

Nel marasma dovuto all’emergenza cominciano a girare alcune voci critiche rispetto alla gestione dell’epidemia di Hong Kong fortemente influenzata da Pechino: poche vaccinazioni e politiche drastiche, anziché di convivenza con il virus, devastata dal proliferare dei contagi dovuti alla variante Omicron.

E nella Cina continentale, proprio nel momento in cui si cominciava a parlare di revisione, seppure parziale, graduale e ragionata, della politica «Covid zero» da giorni si registrano numeri di casi superiori a quelli registrati negli ultimi due anni. Ieri erano oltre 500 con il ripristino di tutta una serie di restrizioni che i cinesi speravano di avere ormai superato: a Shanghai si torna in gran parte alla didattica a distanza nelle scuole, nuovo lockdown per i nove milioni di abitanti della città nord-orientale di Changchun.

Per la prima volta, inoltre, da ieri la Cina ha messo sul mercato i test antigenici rapidi, fino ad ora mai autorizzati. In settimana la China Meheco aveva annunciato di aver firmato un accordo con la casa farmaceutica statunitense Pfizer per commercializzare nel Paese la pillola anti-Covid Paxlovid.

La situazione più grave rimane però quella di Hong Kong, da giorni teatro di un aumento vertiginoso dei contagi.

Lo stesso premier cinese Li Keqiang, alla sua ultima conferenza stampa da primo ministro post appuntamento legislativo annuale, ha sottolineato la situazione rischiosa, soprattutto quella di Hong Kong.

Il governo della Cina – ha detto – è «profondamente preoccupato» per la salute dei cittadini a Hong Kong e l’amministrazione locale «deve assumersi la responsabilità primaria nel contenimento del coronavirus». Pechino – ha aggiunto Li – monitora costantemente l’evoluzione del quadro epidemico e presterà «pieno supporto» all’amministrazione di Hong Kong, giudicando positivamente la decisione di rinviare le elezioni per il prossimo capo dell’esecutivo.

Il capo dell’esecutivo dell’isola, Carrie Lam, ha annunciato ieri che le misure di distanziamento sociale e la sospensione dei voli in entrata rimarranno in vigore fino a quando «la quinta ondata non sarà sotto controllo».

Ma le limitazioni, rigide in stile cinese, hanno portato molte persone a lasciare la città: solo domenica si sarebbero registrate almeno cinquemila partenze. Nella conferenza stampa di ieri Carrie Lam ha precisato che la sua amministrazione ha tentato di rispondere alla deriva epidemica «senza precedenti» nel «miglior modo possibile».

Ha inoltre annunciato un rafforzamento della campagna vaccinale, che proseguirà con la somministrazione di dosi a domicilio per i cittadini con problemi di mobilità. Il tasso di letalità tra la popolazione non immunizzata o vaccinata con una sola dose è dell’1,64 per cento, per poi scendere allo 0,06 tra i vaccinati con una o due dosi. Il tasso di mortalità è particolarmente elevato tra gli anziani e si attesta al 2,27 per cento tra gli 80enni e al 10,87 per cento per le persone di età superiore.