Nella mattinata di ieri, il palazzo del Consiglio legislativo di Hong Kong, sarebbe stato attaccato da un gruppo di manifestanti, mascherati e armati. La conseguenza immediata è stata l’inizio di scontri con la polizia locale. Secondo quanto riportato dai media dell’ex colonia britannica, i poliziotti avrebbero fatto uso di manganelli e gas irritanti contro chi aveva tentato l’irruzione. Quattro persone sono state arrestate. Gli scontri sono scoppiati qualche ora dopo lo smantellamento delle barricate ordinato dalle autorità, seguito a una decisione del tribunale volta a ridurre l’estensione degli spazi occupati dal 28 settembre dai manifestanti che chiedono «vere» elezioni nel territorio ora sotto il controllo cinese. Secondo quanto è stato diffuso dai media, gli scontri sarebbero iniziati nel momento in cui persone mascherate (una decina) avrebbero forzato un portone del Consiglio legislativo con l’aiuto di materiale provenienti dalle barricate. Almeno una persona sarebbe riuscita ad entrare all’interno dell’edificio prima di esserne sbattuta fuori, secondo il quotidiano Apple Daily.

«La polizia condanna con forza questo tipo di azioni da parte dei manifestanti che turbano l’ordine pubblico», è scritto in un comunicato, ma la sensazione è che la spaccatura a Hong Kong sia ormai ampia, tra cittadini e Occupy. I leader degli studenti, un movimento che ha sempre tenuto a sottolineare il proprio carattere pacifico, hanno fatto appello alla non violenza. «Non ci piace questo tipo di cose», ha affermato Lester Shum, della Federazione degli studenti di Hong Kong. Rimane il fatto che il «gesto» viene ormai letto dalla popolazione di Hong Kong come un importante cambio di strategia da parte dei manifestanti, mentre non è da escludere che tutto quanto accaduto nei pressi del palazzo del governo, sia stato provocato. Di certo l’attenzione mediatica nei confronti di Occupy è diminuita, così come la solidarietà della popolazione di Hong Kong. Un sondaggio ha infatti rivelato che il 67% dei residenti di Hong Kong vuole la fine delle proteste, Chan Kin-man, uno dei due fondatori del movimento Occupy Central, ha dichiarato che «se il sostegno pubblico è in calo, l’occupazione delle strade non può essere il modo migliore di procedere».

E ieri il South China Morning Post, quotidiano di Hong Kong, evidenziava la china presa nell’ex colonia: «1,8 milioni di persone avrebbero firmato una petizione per chiedere che le strade vengano restituite all’uso pubblico. Quelle persone si sono anche espresse a sostegno della polizia e in difesa dello stato di diritto. Il pubblico si è espresso con vigore, ma i leader studenteschi si sono affrettati a denunciare la sua legittimità. La petizione ha avuto poco o nessun effetto nel cambiare le loro posizioni e la situazione di stallo è ora non solo con il governo, ma anche con una maggioranza della cittadinanza. Ora è il momento del confronto: la popolazione deve parlare ai manifestanti, e riunificare questo scisma in atto nella società di Hong Kong».