Sembrava l’inizio di una bellissima «amicizia» quella tra i produttori di Hollywood e la monarchia saudita dopo le dichiarazioni di intenti durante lo scorso festival di Cannes, quando i produttori di Hollywood e Ahmad Al Maziad, il delegato dell’autorità culturale dell’Arabia Saudita stringevano accordi per future collaborazioni cinematografiche ad alto budget in location saudite, costruzioni di cinema (350 entro il 2030) con la promessa di generose incentivi da parte delle autorità arab. «Noi stiamo per mettere le basi di una vera grande industria», sottolineava durante un’intervista Al Maziad spiegando il significato della campagna di modernizzazione del principe Mohammed. Ad appena  cinque mesi di distanza la partnership tra Ryadh e Hollywood rischia seriamente uno stop dopo la scomparsa – e la probabile tragica fine – del giornalista saudita Jamal Khashoggi, «inghiottito» nel consolato saudita in Turchia. Lunedì infatti Endeavor – l’agenzia che ha ricevuto un’offerta di 400 milioni di dollari dal Saudi Public Investment Fund in cambio di una quota di proprietà tra il 5 e il 10 per cento, avrebbe infatti deciso di interrompere la trattativa. Nel corso di una tavola rotonda al Mipcom, il mercato dell’audiovisivo di Cannes, lo stesso C.E.O. di Endeavor, Ari Emanuel, si è detto: «personalmente molto preoccupato» per la scomparsa di Khashoggi.

Una situazione in stallo che sta provocando reazioni a catena: Richard Branson annuncia di aver «sospeso temporaneamente» un accordo per 1 miliardo di dollari con un fondo saudita, mentre l’attore Gerard Butler ha cancellato il suo viaggio a Riyadh per la premiere del suo film Hunter Killer.
Chi invece non ha dubbi è il presidente Trump che dopo aver chiesto «un’indagine seria» si è detto ora convinto che il giornalista potrebbe essere stato ucciso da «delinquenti comuni. Una retromarcia dopo la minaccia di ritorsioni della monarchia Saudita, che compra armi dagli Usa e mantiene basso il prezzo del petrolio…