Per quindici mesi a Hollywood è stata si è parlato di poco altro. Sarebbe tornato il cinema, quello delle sale con una cofana di popcorn sulle ginocchia, il pavimento appiccicoso e la fila per il parcheggio, o i film sono ormai definitivamente traslocati sui piccoli schermi che ci circondano nei nostri bunker e vibrano nelle nostre tasche? Un risposta parziale è arrivata questo fine settimana, a il primo con un paio di grandi titoli in programmazione ed il primo che abbia segnato un battito cardiaco sostenuto per un format che molti avevano dato per spacciato.

NEL LUNGO WEEKEND del Memorial day Cruella – la reivenzione del personaggio di Crudelia in una «origin story» molto comix e un po’ punk – ha incassato la cifra più che rispettabile di 27 milioni di dollari. Quiet Place 2, sequel del horror thriller di John Krasinski interpretato da Emily Blunt, ha registrato praticamente un piccolo trionfo: $57 milioni intascati in cinema ancora sotto restrizioni di capienza e in molti casi con obbligo di distanziamento e mascherine. Il risultato ha dato ragione alla Paramount che aveva rimandato l’uscita dal marzo 2020 e rincuorato produttori, agenti e maestranze in città al termine di un anno (e rotti) vissuto precariamente che ha colpito più duramente proprio gli esercenti.

Ad aprile aveva già fatto ben sperare Godzilla v Kong con un botteghino totale di $80 milioni, ma oggi chi aveva decretato la morte del grande schermo si è dovuto rimangiare alcuni necrologi. Eppure c’è sempre stato chi, come Stephen Soderbergh, non aveva mai perso la speranza – dopo tutto la nascita dello studio system è avvenuta nel periodo di ripresa economica seguito alla pandemia di Spagnola, all’inizio del secolo scorso. «Nel 2019 il modello (di distribuzione in sala) ha rappresentato un giro di affari di 11 miliardi e mezzo di dollari – 40 miliardi nel mondo», aveva ricordato il regista ancora un paio di mesi fa. «L’idea che gli studios intendano in qualche modo abbandonare le sale è ridicola».

D’ALTRO CANTO, malgrado il buon risultato dei cinema questa settimana, sarebbe di certo prematuro annunciare la sconfitta delle piattaforme. Questa è stata dopotutto anche la settimana dell’acquisto della MGM da parte di Amazon, e non potrebbe esservi stata transazione più paradigmatica per il peso simbolico dei marchi coinvolti. Vero, lo Studio del leone è l’ombra di quello che fu, una commodity scarnificata da successive compravendite e scissioni nel corso degli ultimi 40 anni. I teatri di posa del Mago di Oz e Via col vento su Culver boulevard, già rilevati dalla Columbia e successivamente dalla Sony; il ricco catalogo spolpato e già parzialmente ceduto a Ted Turner negli anni ottanta (oggi il grosso del menu Turner Classic Movies). A Bezos rimarrà comunque in mano un pezzo di gloriosa storia del cinema che trasloca, almeno idealmente a Silicon Valley, in un mercato che per molti versi verrà d’ora in poi in gran parte plasmato dalle piattaforme per abbonamento.

LA PANDEMIA ha chiaramente accelerato dinamiche che erano già in atto. E sembra profilarsi ora un panorama quantomeno ibrido. Ancora un paio di anni fa sarebbe ad esempio stato impensabile chiudere la finestra di esclusività sui cui è stata costruita la pacifica convivenza fra cinema TV e streaming. Oggi, non solo la Warner ha annunciato anteprime in contemporanea streaming per tutti i propri titoli fino a fine anno, la Disney che pure ha distribuito in sala Cruella, non ha rinunciato a renderla contemporaneamente disponibile su Disney+, confermando che la piattaforma premium rimarrà componente fondamentale della propria futura strategia commerciale. Tutti gli altri studiosi s sono ugualmente attrezzati lanciando piattaforme proprie o siglando accordi con quelle pre-esistenti. Un moltiplicarsi di canali che giova perlopiù i creativi, chiamati a fornire i contenuti in un quadro anche sempre più globale (mai selezione tanto ampia di produzione straniere era stata disponibile sugli schermi delle case americane).

Molte catene e cinema storici – compreso il leggendario Cinerama Dome di Hollywood – non ce l’hanno fatta – rassegnandosi alla bancarotta dopo mesi di inattività forzata. Altri, come il New Beverly di Tarantino, hanno tirato la cinghia e riaprono proprio oggi, primo giugno. Sul cartellone campeggia in lettere rosse fiammante il titolo in programma: «C’era una Volta Hollywood». E dopo questo fine settimana sembrerebbe che Hollywood abbia effettivamente battuto un colpo.