Zona di paludi dune, pini, spiagge e tomboli (dune nel dialetto locale), Tirrenia si trova a metà strada tra Pisa e Livorno, sul litorale toscano. Il regime fascista, che la costruì ex novo, ne volle fare meta del turismo balneare ma anche cuore pulsante della cinematografia Made in Italy prima ancora della nascita di Cinecittà. Gli studi di Pisorno – crasi appunto tra Pisa e Livorno – nascono infatti nel 1934, tre anni prima dell’inaugurazione degli Studios della capitale ma sempre per impulso del regime che mirava a un’autarchia del cinema italiano e allo sfruttamento di quella grande arma di propaganda che era ed è la Settima Arte.

Così a Tirrenia, come a Roma, «la nascita e lo sviluppo del cinema si intrecciano con la grande storia italiana». Lo spiega Cosimo Bracci Torsi, presidente della Fondazione Palazzo Blu di Pisa, luogo dove verrà inaugurata domani la mostra dedicata proprio alla storia di Pisorno, «suscitatrice di fantasie in una provincia piatta»: Tirrenia città del cinema. Pisorno – Cosmopolitan 1934 – 1969.

La prima parte della grande esposizione, nata da una collaborazione con il Museo del cinema di Torino e curata da Giulia Carluccio, è dedicata alle particolarità del luogo che venne scelto per edificare gli stabilimenti cinematografici. Immagini e bozzetti d’epoca ritraggono i tomboli e le paludi, la grande pineta di Tirrenia poi divenuta alla fine della seconda guerra mondiale «sinonimo del degrado sociale e morale dell’Italia del ’46: accampamento di disertori e contrabbandieri», come racconta ancora il pisano Bracci Torsi. Poco più di dieci anni prima, a Tirrenia regnava l’entusiasmo per il grande studio fondato e diretto da Giovacchino Forzano, regista e intellettuale legato al duce, con la collaborazione dell’architetto e scenografo Antonio Valente, due figure chiave a cui sono dedicate altrettante sezioni della mostra. E in particolare a Forzano, anche autore del primo film prodotto a Pisorno: Campo di maggio, del 1935, si dice scritto a quattro mani con lo stesso Mussolini che viene paragonato nel film a Napoleone.

Da subito approdano a Pisorno i divi dell’epoca: Amedeo Nazzari, Alida Valli, Gino Cervi, il cui passaggio è immortalato nella mostra con foto di backstage e dei cineromanzi in voga a quei tempi. Lo scintillio mondano è però interrotto dalla guerra, una parentesi nera durante la quale gli Studios diventano deposito degli americani, ma da cui resuscitano nel 1952 con Imbarco a mezzanotte di Joseph Losey e Andrea Forzano. In quegli anni gli sforzi produttivi si concentrano in particolare sui musical all’italiana: da Pisorno passano altri divi, stavolta della canzone, come Claudio Villa e Luciano Tajoli. Ciononostante lo stabilimento fallisce, e viene rilevato all’inizio dei 60 da Carlo Ponti, produttore e marito di Sophia Loren che a Tirrenia è infatti la protagonista di molti film, tra cui La riffa episodio di Boccaccio 70 di De Sica e Zavattini.

 

Sotto la direzione di Ponti, lo stabilimento viene rinominato Cosmopolitan, nome ambizioso che rende conto anche del «tentativo di decentralizzare la produzione del cinema italiano» che anima sin da subito questa esperienza toscana, come spiega il direttore del Museo del cinema Alberto Barbera. «C’era la tentazione continua di disseminare i centri produttivi, di costruire al di fuori di Cinecittà».

Un’esperienza che raggiunge il suo picco proprio in questi anni, e il cui interesse – continua Barbera – «non è limitato al territorio, ma ricostruisce un tassello importante della storia del cinema italiano». Avventura da cui Tirrenia esce nel ’69, quando girare fuori dagli studi di mamma Roma non conveniva più, ma che la mostra di Pisa restituisce per la prima volta nella sua interezza alla memoria del cinema e della nostra storia.