Anche in un tempo triste, a causa della pandemia, perché non regalarsi comunque un libro divertente ed eccitante, come Hollywood Babilonia, di Kenneth Anger, ripubblicato ora da Adelphi, per la traduzione di Isa Omboni? Omboni ha tradotto sia la prima edizione del 1979 sia il seguito, Babilonia II, nel 1986 (da Anger, classe 1927, fu annunciato anche un terzo aggiornamento, che non sappiamo però se vedrà mai davvero la luce).

Il gemellaggio – non si sa se ideale o nefasto tra Hollywood e Babilonia – nasce nel segno degli elefanti bianchi, ossia con le scenografie babilonesi di Intolerance (D.W. Griffith, 1916). È pressappoco in questo periodo che attori e attrici, fino allora figure quasi anonime, cominciano ad avere un nome. Nasce lo star system. La produzione punta sulla popolarità dei Divi e delle Dive, che diventano stelle; come tali, alcune resistono a splendere, altre tristemente si spengono, travolte da scandali che non si riesce più a tenere nascosti.

Cos’era allora Hollywood per il pubblico, a parte lo sdegno dei moralisti? «Era – scrive Anger – il Paese dei Sogni, il Radioso Altrove, la Dimora dei Corpi Divini, la Galassia del fascino… I fan adoravano, ma erano volubili e se le loro divinità mostravano di avere i piedi d’argilla le abbattevano senza pietà. Tanto, a un passo dallo schermo, c’era sempre una nuova stella in attesa di sorgere». E cita, fin dall’inizio, alcuni versi di Don Blanding: «Hollywood, Hollywood,/ Hollywood favolosa,/ Hollywood lussuriosa …».

Rispettiamo i centenari. Capitolo «Fastidi Grassi». Sono passati esattamente cent’anni dal 6 settembre 1921, giorno in cui Fatty Arbukle, un comico dal fisico abbondante (un «ciccione») , avrebbe ucciso una starlette della troupe Mack Sennet (in cui era noto che girasse cocaina), a S. Francisco, in un omicidio a sfondo sessuale. Nei processi che seguirono, Fatty fu assolto, ma la cattiva fama di Hollywood fu definitivamente ribadita (e la carriera del comico distrutta).

Buster Keaton, che rimase suo amico, gli consigliò a un certo punto addirittura di cambiare nome, ma invano. Ormai in preda all’alcolismo, il «ciccione» aveva incubi nei quali si sentiva perseguitato dalle bottiglie: «Senza speranze e senza un soldo, Fatty morì a New York, il 28 giugno 1933: aveva quarantasei anni. L’affaire Arbuckle spaventò a morte Hollywood, ritardandone la crescita di dieci anni. Ormai il suo nome non significava più soltanto Paese dei Sogni: nella mente di milioni di persone era quasi sinonimo di scandalo».

Gli scandali, tuttavia, non cessavano, anche perché alimentati da Elsa Maxwell, Hedda Hopper e Louella Parsons: una triade di pettegole terribili, regine della stampa scandalistica, sempre alla caccia di trasgressioni vere o presunte da parte delle star. Abitudini sessuali eterodosse (era il caso di Rodolfo Valentino), uso di droghe, frequentazione di festini hard … fino naturalmente al suicidio o al fatto di sangue vero e proprio. L’andazzo non fu interrotto né dal crollo di Wall Street (1929), né dall’avvento del codice Hays, sorta di censura o autocensura, che dettava anche norme di condotta morale per le star, e fu invece alimentato dai traumi prodotti dal sonoro.

Chaplin (a 35 anni), per evitare la prigione, fu costretto a sposare di volata una quattordicenne, ed ebbe storie con varie ninfette. Nel capitolo «La nave dei folli», si raccontano i retroscena della morte misteriosa del regista Thomas Ince, avvenuta sul panfilo del magnate Hearst, alla presenza di numerosi divi. Forse una storia di gelosia, in cui era implicata l’attrice Marion Davies, compagna di Hearst.

Il repertorio sarebbe infinito, comprende Stroheim, Clara Bow, Joan Crawford, Marlene Dietrich, Mae West, Errol Flynn, Tyrone Power ecc. per le ragioni più varie (droga, abitudini sessuali) , che Anger registra e descrive con gusto e scrittura brillante. Negli anni ’60, Hollywood è un seguito di suicidi, una palestra di autodistruzioni, una collezione di spaventosi necrologi. Alla fine resta il paradosso: attori, attrici, registi, soccombono alla depressione, magari si suicidano – il lettore gode.