Ci si arriva seguendo il lunghissimo corso Francia e abbandonando Torino senza mai davvero abbandonarla. Nessun distacco urbano di qualche evidenza, nessun cambio di paesaggio. Quando il cartello segnala Grugliasco, potresti essere a Rivoli, a Collegno, o in qualsiasi altro luogo di quella che viene chiamata ‘cintura’. Scrive la Cojtà Grugliascheisa, associazione locale Per la Cultura i Costumi e le Tradizioni, «Grugliasco conserva poco del proprio passato anche e soprattutto per scelte discutibili di chi negli anni aveva il potere di mettere in atto uno sviluppo di fatto incontenibile. Quel poco che era rimasto è stato definitivamente cancellato negli ultimi anni per far spazio all’edilizia privata, così come i pochi campi attorno, che pullulano di gru e cantieri». Niente è rimasto delle filande e dei filatoi attivi dal ’700 a metà ‘800; delle modeste fabbriche sorte a inizi ’900, dopo la chiusura degli opifici e la crisi del settore agrario. Nel 1911, grazie allo sviluppo industriale, Grugliasco era arrivata a contare tremila e quattrocento abitanti. Oggi sono più di dieci volte tanto, e molti di loro, nei giorni di festa e nella buona stagione, frequentano il Parco delle Serre, piccolo polmone di verde cittadino.

Dentro quel verde, la memoria ha conservato una storia del Ventesimo secolo degna di meritarsi l’aggettivo incredibile. Protagonista l’americano di origini tedesche George Kleine. Nel 1897, Kleine, che noleggia e vende pellicole cinematografiche, inizia a specializzarsi nell’importazione dall’Europa di film a carattere storico. Nel 1913, il successo di Quo Vadis (regia di Enrico Guazzoni) sul mercato degli Stati Uniti, spinge l’imprenditore a cercare accordi con alcune case di produzione italiane. L’obbiettivo è realizzare lungometraggi storici in costume, tratti da opere liriche. A questo scopo fonda con Mario Alberto Stevani, prima la Photodrama Company e quindi la Photodrama Company of Illinois. La Ambrosio di Torino realizza per Photodrama, tra il 1913 e il 1914, Delenda Carthago, Gli ultimi giorni di Pompei, Il leone di Venezia, Otello.

Anche la Pasquali e la Cines entrano nell’orbita dell’americano, che però avverte i limiti commerciali di una decisionalità ridotta. Il 19 marzo 1914, con sede in corso Regina Margherita 46, Torino, e capitale di seicentomila lire, nasce presso il notaio Torretta la Photodrama Producing Company of Italy, SAS. I soci sono Stevani, Arturo Gandolfi e ovviamente Kleine. A Grugliasco, immersa in un parco di trentaduemila metri quadri, c’è una villa settecentesca semiabbandonata. Qui, decide George, sorgeranno gli stabilimenti della Photodrama. La costruzione del teatro di posa principale, cinquanta metri per venti, e di uno di dimensioni minori, viaggia in parallelo a quella dei laboratori di falegnameria e sartoria dentro un immenso edificio vetrato; dei magazzini, dei laboratori di sviluppo e stampa, del garage. Per le riprese a sfondo naturalistico vengono creati un lago artificiale, e nel parco il boschetto Californian Wood e il viale alberato.

Le quattro diverse facciate della villa, gli spazi dei due chalet in stile Secessionista, lo Svizzero e il Tedesco, consentono varietà di ambientazioni. La villa accoglie, oltre agli uffici amministrativi, gli studi degli scenografi, degli sceneggiatori, dei registi, i camerini degli attori. A maggio del 1914 i lavori sono in dirittura di arrivo. Gandolfi, responsabile dello stabilimento, presentando ai giornalisti il set, annuncia l’imminenza del primo ciack di Mefistofele. Il 28 giugno, la pistola di Gavrilo Princep uccide a Sarajevo l’arciduca Francesco Giuseppe, nel mese di agosto il mondo entra in guerra. Mefistofele, mai titolo di film suonò così sinistro, si ferma. Kleine torna negli Stati Uniti, lasciando Gandolfi alle prese con problemi economici di ogni tipo, dagli impegni produttivi presi agli stipendi dei tantissimi dipendenti. Nonostante questo, riesce a girare, sempre nel 1914, La Du Barry, in collaborazione con la Ambrosio. Poi, tentando di non chiudere bottega, decide di affittare a terzi la Photodrama. Nel 1916 la Phoenix realizza Buon sangue non mente, Il terzo incomodo, L’intrusa e Panther, tutti a firma di Gero Zambuto. Quattro anni dopo Kleine, da Oltreoceano, mette in liquidazione quelli che gli addetti ai lavori continuano a definire gli stabilimenti più belli d’Italia. La Photodrama risorge nel 1919 come appartenente all’UCI, Unione Cinematografica Italiana, costituita a gennaio dello stesso anno. Tra i suoi consiglieri figura Giovanni Pastrone, pioniere del nostro cinema.

L’ambizione dei progetti porta a scritturare la star Lydia Quaranta, osannata dal pubblico in Addio giovinezza!, e il regista Augusto Gemina, forte della fama conquistata con La Signorina Ciclone. Ma i sogni tramontano nel 1922, bruciati dalla gestione economica dissennata dell’UCI, che arriva a spendere il doppio della media per un film e ad offrire contratti da capogiro. E allora si chiude di nuovo, per riaprire da lì a qualche mese. Due titoli appena, Abbasso il cambio e Maestra d’Amore, di Pier Angelo Mazzolotti, precedono i titoli di coda della Photodrama e la fine di un’avventura visionaria. Pochi frammenti ne rimangono all’ombra del Parco delle Serre, muti come il cinema di George Kleine. L’uomo che inventò Hollywood a Grugliasco.