Ci sono gli insetti antropoforfizzati di A Bug’s Life, mai disturbanti anche quando malvagi, oppure quelli rivoltanti che sciamano via vomitati dalle labbra spalancate del cadavere di un misantropo ossessionato dall’igiene in Creepshow. C’è il melodramma avventuroso de L’ape Magà e i terrori a quattro-zampe di Aracnofobia. Il mondo degli insetti, quello vero e le sue innumerevoli rappresentazioni, è sempre al confine tra il disgusto e la meraviglia: l’orrore strisciante delle blatte e la triste bellezza di una farfalla, la scaramantica rotondità puntinata di una coccinella e il verminoso corpo tossico di una scolopendra. Creature da incubo e da sogno che divengono i personaggi di un’epica favolosa e macabra in Hollow Knight, gioco «indie» per PC e Switch Nintendo ideato e sviluppato da Team Cherry, un piccolo organico da camera di artisti australiani del videogame in due dimensioni disegnato a mano, un’opera meravigliosa e spaventosa ispirata a classici gotici come Castlevania, alla fantascienza oscura e minacciosa di Metroid e alla follia lugubre di Dark Souls o Bloodborne.

Gli insetti di Hollow Knight sono vagamente antromorfi, in parte, finché non cedono ad un’estetica lovecraftiana e black metal, talvolta addirittura teneri nel sembiante; tuttavia queste bestie vivono in un reame precipitato nella più caotica e cannibalistica pazzia. Negli ento-panni di un silenzioso eroe dall’elmo cornuto, armato di un pungiglione a guisa di spada, compiremo un lungo viaggio che dovrebbe essere salvifico e non lo è, perché si tratta in realtà di un pellegrinaggio sconsolato nel profondo della notte, un viaggio punitivo e crudele che è anche una grande, bellissima avventura, sebbene sombra e faticosa.

Dipinto a mano con uno stile che ricorda i panorami disumani di HR Giger e la tetra dimensione di fumetto del primo Tim Burton, Hollow Knight è un gioco di esplorazione e azione con letali momenti «platform» a base di salti da panico e combattimenti mai elementari, a tratti davvero ostici. Per una cinquantina di ore percorriamo e lottiamo per una labirintica terra incantata laddove la magia non è miracolo ma maledizione e la battaglia non è solo contro l’ostilità dell’ambiente e degli insettiformi mostri folli che lo abitano, ma contro l’ignoranza, poiché per tutto il gioco cerchiamo il motivo di tanta micidiale follia e non lo comprendiamo, celato in un ermetismo di matrice Miyazakiana (si tratta ovviamente di Hidetaka, non di Haiao) la cui nebbia possiamo dissolvere solo con intepretazioni soggettive e fantasiose.

Durante il nostro viaggio, sotterraneo e sempre buio, perché anche quando percorriamo i sentieri della superficie o di luoghi ameni ci annichilisce una notte eterna o ci acceca una sgradevole non-luce, ammiriamo panorami di una bellezza agghiacciante proprio per il suo fascino decaduto e desolante. Ci sono il borgo di Pulveria con le sue casette tristi e gli abitanti depressi e attoniti, cunicoli invasi da cancerose escrescenze fungine, metropoli dove gocciola incessante la pioggia sui maestosi edifici disertati da qualsiasi insetto non sia uno «zombie» assassino, laghetti che potrebbero esseri mirabili se non fossero acidi, prati ridotti a giungle marce, miniere di scintillanti cristalli che brillano stroboscopici in carnascialeschi tunnel dell’orrore, abissi di tenebra dove bisbiglianti aracnidi tessono schifose ragnatele, paludi dalle cui acque fangose emergono d’improvviso chele fauci affamate che d’incanto spariscono quando illuminate dalla luce di un faro lontano, cimiteri dalle lapidi cadenti dove si ergono affabulanti e stralunate le ombre di defunti cavalieri-insetto del passato.

La varietà dei panorami bidimensionali illustrati dal Team Cherry travolge i nostri sensi di viaggiatori virtuali a ogni passo, meravigliandoci e atterrendoci, come quando ci si accorge che un grosso ragno ha tessuto la sua stupefacente tela in quell’angolo del nostro soffitto e tra i preziosi arabeschi dell’architettura di seta una mosca sta agonizzando. C’è sempre questo ossimoro estetico e sensuale in Hollow Knight, proprio come accade quando ci confrontiamo con la classe di animali alla quale esso è ispirato: repulsione e attrazione, orrore e fascinazione.

Hollow Knight non è propriamente un horror, eppure spaventa più di tanti videogame entro il confine di questo genere, perché alimenta una continua sensazione d’ansia, di pericolo e di angoscia, quasi come se stessimo viaggiando per la nebulosa cittadina di Silent Hill invece che in un mondo d’insetti che sembra penato per decorare le pagine di una tetra fiaba per bambini. La paura è alimentata inoltre dalla colonna sonora composta da Cristopher Larkin e dai suoni che la accompagnano, un musica dolente, un adagio perpetuo e solenne, funereo, contrappuntato dai rumori abominevoli degli insetti folli, stridii che sembrano risatine sconce, risucchi, eruttazioni, deliranti gorgoglii, il fracasso dei zampette come quello di un diluvio (sembra di sentirselo addoso quel cacofonico zampettare), il ronzio osceno di parassiti e saprofagi. I nemici, persino il più apparentemente innocuo, ci possono precipitare nella sconfitta se li sottovalutiamo. Ogni salto ci può uccidere, precipitandoci tra punte letali e larve come «piranas».

Talvolta sentiamo il suono del nostro fantasma, lo spettro del Game Over della precedente sessione di gioco finita rovinsamente: allora siamo costretti a sconfiggere quell’ombra del passato se vogliamo recuperare tutte le «anime» guadagnate precedentemente, utile per acquistare potenziamenti fondamentali, e se perdiamo le abbiamo perse per sempre. Capita spesso, perché quell’ombra della disfatta si posiziona sempre dove siamo defunti per imperizia, quindi in zone problematiche, abitate da nemici spietati. C’è la possibilità tuttavia di evocare l’anima defunta del nostro io passato in una zona franca, bisogna donare un raro uovo marcio ad una strana ma benevola fattucchiera.

Il bestiario di Hollow Knight, offertoci come premio da un gigantesco verme zannuto che sembra uno degli Chtorran inventati da David Gerrold, è composto da decine di creature appartenenti al regno degli entomi che vanno dall’insettino più comune e insignificante al gigantesco scarabeo armato di martello, dalla sensuale falena ad un lombrico paterno con la sua dispersa prole di teneri cuccioli, da pseudo-processionarie che ci attaccano anche quando segmentate a eleganti mantidi assassine. Si ha dunque l’impressione che per quanto sia fantastico e immaginifico, il mondo di Hollow Knight sia plausibile, un ecosistema dark-fantasy ma convincente, vitale e mortale con una strabiliante varietà di vite disperate a popolarlo.

La misteriosa storia di una pandemica psicopatia sotterranea che si diffonde per i ruderi di un’antica e più illuminata civiltà estintasi nella rovina, la cronaca di uno spietato eterno ritorno, la giocabilità classica e severa, e una mappatura esemplare contribuiscono a rendere l’opera di Team Cherry un nuovo classico da annoverare tra antichi capolavori come Castlevania Symphony of the Night e Super Metroid.

Hollow Knight, portato a compimento con il contributo corale dei fondi raccolti con Kickstarter, è un’opera d’arte indipendente che si può definire «orribile», ma nell’accezione latina di «horribilis», ovvero qualcosa di spaventoso e terrificante e nel contempo sorprendente e straordinario.