La Francia si è fermata per un minuto a mezzogiorno, in tutti i luoghi pubblici, di lavoro, nelle scuole e università è stato rispettato il silenzio. Hollande era alla Sorbona, fortemente colpita dal massacro di venerdì, sono morti degli insegnanti e degli studenti. La Tour Eiffel si è illuminata di nuovo, in blu, bianco e rosso.

Questi gesti di unità nazionale saranno travolti dalla scelta di Hollande di puntare tutto sulla «sicurezza», interna e esterna, sotto la pressione di destra e estrema destra? Di fronte al Congresso (Assemblea e Senato riuniti), a Versailles, ieri pomeriggio il presidente, con tono marziale, ha precisato i termini della «risposta» francese agli attacchi terroristici, facendo un pericoloso passo sulla strada della «guerra», con un’estensione per tre mesi dello stato di emergenza, richiesta che sarà presentata al parlamento già mercoledì.

Ormai il termine «guerra» è usato da tutti, senza però ulteriori precisazioni: per il momento non c’è lo «stato di guerra», con i pieni poteri al presidente come capo dell’esercito, ma Hollande proporrà a breve una riforma della Costituzione, degli articoli 16 e 36, che permetterà di imporre più facilmente lo stato d’eccezione e facilitare, senza decretare lo stato d’assedio, misure di emergenza. Un «pacchetto legislativo» renderà possibile l’imposizione di misure che danno le mani libere a polizia e gendarmeria nella repressione, senza l’intervento del potere giudiziario.
All’esterno, la Francia annuncia (e ha già realizzato) un rafforzamento dell’intervento aereo contro Daesh in Siria. «Non è una guerra di civiltà – ha detto Hollande – ma una guerra contro il terrore», che porta la Francia a chiedere all’Onu, in tempi brevi, una risoluzione «contro il terrorismo», perché «distruggere Daesh riguarda tutti». Stamattina il presidente francese discuterà con il segretario di stato Usa John Kerry sull’ipotesi di una «grande coalizione internazionale» in Siria e incontrerà nei prossimi giorni Obama e Putin, per andare verso un solo fronte contro Daesh, mettendo fine all’ambiguità di due schieramenti. La portaerei Charles De Gaulle parte giovedì per il Mediterraneo orientale al largo della Siria, triplicando la presenza francese (che resta, comunque, marginale, non più del 5% dei bombardamenti). All’Europa, Hollande chiede l’applicazione dell’articolo 42.7 dei Trattati dell’Unione, che presuppone «solidarietà» dai partner quando «uno stato è aggredito». In pratica, ha precisato il ministro degli interni Bernard Cazeneuve, Parigi chiede piena collaborazione nel rafforzamento dei controlli alle frontiere, per una efficace protezione delle frontiere esterne (ma resta l’asilo per siriani e eritrei, ha precisato Hollande) e una collaborazione accresciuta sulla lotta al traffico d’armi. Venerdì c’è un Consiglio Interni straordinario a Bruxelles, dove l’Europa potrebbe adottare anche al suo interno il Pnr, Passenger Name Record, cioè la schedatura con tutti i dettagli dei passeggeri, già in vigore per le rotte transatlantiche.

All’interno, ci sarà per almeno tre mesi lo stato di emergenza, con un voto che prolunga l’eccezione decretata sabato e che deve passare al vaglio parlamentare dopo 12 giorni. Lo stato d’emergenza sarà modificato, perché la legge risale al ’55 (guerra d’Algeria) e «non è più adatto alla minaccia». Hollande va quindi oltre: proporrà una riforma della Costituzione, dell’art.36 (stato d’assedio) e dell’art.16 (pieni poteri, poteri eccezionali al presidente). Per i prossimi giorni, il governo ha appunto promesso «un importante pacchetto legislativo» per dare mani libere a polizia e gendarmeria.

Una mossa tattica? I Républicains di Sarkozy rispondono anche loro con un’altra mossa tattica, ostentando scetticismo, anche perché la fretta della riforma costituzionale non prevederà molto probabilmente nessun referendum popolare. Per il capogruppo Christian Jacob, che è intervenuto a Versailles dopo il discorso di Hollande, «nulla a questo stadio sembra giustificare una revisione della Costituzione, abbiamo tutti gli strumenti giuridici a disposizione». Il governo lascia persino aperta la porta alle proposte della destra, come «internare» i radicalizzati schedati «S» (o imporre loro un braccialetto elettronico, che non esisteva nel ‘55) e la possibilità di legalizzare l’uso delle armi anche per i poliziotti fuori servizio. Valls ha evocato la chiusura d’ufficio di «moschee radicali» ed è sul tavolo anche l’idea cara a destra e estrema destra di togliere la nazionalità francese ai radicalizzati con doppia cittadinanza, che potranno così venire espulsi. Ci saranno più mezzi e uomini per polizia e esercito, perché di fronte agli attacchi terroristici, ha spiegato Hollande, «il Patto di sicurezza ha la meglio sul Patto di stabilità» (altre 5mila assunzioni in due anni di poliziotti e gendarmi, 2500 persone alla giustizia, 1000 alle dogane, congelati i tagli all’Esercito fino al 2019, e eventualità di ricorso ai riservisti, che sono un “giacimento” di più di 50mila persone). Hollande ha accennato al fatto che verranno così azzerati i tagli di Sarkozy, dopo il 2007. Ieri, ci sono stati 164 fermi in Francia.

Hollande ha preso la precauzione di citare la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, quando determina che «la sicurezza e la resistenza all’aggressione sono diritti fondamentali». Ha affermato che, certo, «dobbiamo dotare la Repubblica di tutta la forza necessaria di guerra, per sradicare il terrorismo, nel rispetto dei nostri valori», ma ha precisato che «sradicheremo il terrorismo perché i francesi vogliono continuare a vivere assieme senza temere nulla dai loro simili, perché siamo legati alla libertà».

Non ha però convinto a sinistra. Il Pcf mette in guardia contro la «rimessa in discussione dei diritti fondamentali», i Verdi sottolineano l’assoluta necessità di proteggere lo «spazio democratico». Jean-Luc Mélenchon, del Front de Gauche, accoglie «il felice voltafaccia sulla Siria» (l’intesa prevista con la Russia), festeggia per la «fine dell’austerità», ma ritiene «agghiacciante il contributo all’immaginario securitario su nazione, migranti e delinquenza come anticamera del terrorismo». Per l’eurodeputato del Gue Patrick Le Hyaric, «la minaccia terrorista è più che mai il dato macabro con il quale i nostri concittadini dovranno confrontarsi. Servirà lucidità per non sacrificare le libertà, per non vacillare sulle nostre basi repubblicane, e convincere che i valori di liberté, égalité, fraternité, restano le armi più affilate per combattere l’oscurantismo assassino». Da Obama è arrivata ieri una frase umanista, registro trascurato nel discorso di Hollande: ha lanciato agli europei un appello a non confondere rifugiati e terroristi. «Le persone che fuggono dalla Siria sono coloro che soffrono di più il terrorismo, sono i più vulnerabili. E’ molto importante non chiudere i nostri cuori alle vittime di tale violenza, cominciando con il non collegare la questione dei rifugiati e quella dei terroristi».