L’intervento francese in Centrafrica è ufficiale. Dopo il via libera del voto del Consiglio di sicurezza dell’Onu, a metà pomeriggio, ieri sera il presidente François Hollande ha confermato, alla conclusione di un Consiglio difesa straordinario, che la Francia sarebbe intervenuta «per evitare una catastrofe umanitaria», a fianco delle truppe della Misca, la forza di pace africana presente sul posto. «Ho deciso di agire da stasera», ha detto Hollande. Circa 600 soldati francesi sono già sul posto e dovrebbero raddoppiare nelle prossime ore, ha precisato Hollande. Da Fréjus e da Castres è già sbarcato ieri sera a Bangui un primo contingente di paracadutisti francesi. «L’operazione sarà rapida», ha cercato di rassicurare Hollande. Ma nessuno può scommettere sullo svolgimento dell’operazione. Tra sei mesi, l’Onu farà un punto sulla situazione e potrebbe inviare truppe di peace keeping.

Oggi, dopo un vertice economico Francia-Africa mercoledì, si apre all’Eliseo un summit «per la pace e la sicurezza» sul continente, con una quarantina di capi di stato e di governo africani. Sabato pomeriggio, a conclusione del summit dell’Eliseo sull’Africa, ci sarà un «mini vertice informale» a Parigi sulla situazione in Centrafrica.

L’intervento francese, già in atto prima del voto Onu, è precipitato ieri a causa dell’escalation di violenza sul posto. Per la Reuters, almeno 105 persone sono state massacrate a Bangui, la capitale. C’è stato un eccidio in una moschea. È stato imposto il coprifuoco e la popolazione è terrorizzata. Sul posto, le violenze arrivano da tutte le parti: dai ribelli della Seleka, che hanno preso il potere nel marzo scorso, provenienti dal nord musulmano, a cui fanno fronte milizie di auto-difesa a caccia non solo di ribelli ma anche di civili musulmani (c’è stato un massacro di nomadi dell’etnia peuls nella notte tra lunedì a martedì). Il presidente del Centrafrica, Michel Djotodia, senza quasi più nessun potere, ha chiesto l’aiuto della Francia, l’ex colonia che è già intervenuta sette volte in Centrafrica dopo l’indipendenza.

A meno di un anno dall’intervento in Mali, Hollande si ritrova impantanato in un altro complicato conflitto africano. Hollande, nell’annuncio dell’intervento, ha fatto riferimento a un non meglio precisato appoggio europeo. Nei fatti, la Francia, come in Mali, è sola. Nel pomeriggio, solo la Gran Bretagna ha annunciato un «aiuto logistico limitato», precisando che «inviare truppe britanniche non è mai stato un’opzione sul tavolo». In Francia, l’opposizione appoggia in linea di massima l’intervento, ma la polemica gonfia contro l’Europa: «bisognerebbe mandare la fattura all’Unione europea», ha affermato un ex ministro della difesa di destra, in polemica con i partner, che, come per il Mali, lasciano da sola la Francia (che non ha chiesto aiuto a nessuno, anche se da Bruxelels dovrebbero arrivare 20 milioni di euro per Bangui). Hollande ha giustificato l’intervento per questioni umanitarie: «Ogni giorno donne e bambini sono vittime di violenza – ha detto – così il consiglio di sicurezza ha dato mandato alla forza africana per ristabilire la sicurezza, la Francia sosterrà l’operazione». Per Hollande c’è un «dovere di solidarietà verso un piccolo paese, il più povero al mondo che ci chiede aiuto», e «la Francia ha solo obiettivi umanitari». Il parlamento francese verrà informato la settimana prossima. Per Parigi, la ragione dell’intervento sta nel timore di vedere la confusione del Centrafrica esportarsi ai paesi vicini, Ciad, Camerun, Sudan. La storia ha il suo peso, la presenza economica attuale anche. Ma l’intervento rischia di risvegliare vecchi demoni, in un paese dove Parigi per decenni ha controllato il potere anche dopo la decolonizzazione.