Mentre i media sono alla caccia del celebrato Banksy, nell’epoca in cui i quartieri vengono riqualificati anche ospitando opere di street art, scopriamo che ci sono dei limiti che non possono proprio essere varcati. Ieri gli agenti della Digos della Questura di Roma hanno formalizzato una denuncia d’altri tempi, per «offese a una confessione religiosa mediante vilipendio», all’artista ventottenne che si firma «Hogre» e che loro stessi nella velina diffusa nel pomeriggio definiscono «persona nota negli ambienti internazionali della street art».

Era successo che nei giorni scorsi, in diversi quartieri romani erano comparsi alcuni poster. Opere di subvertising, cioè di sovversione dei linguaggi pubblicitari (come la bambola gonfiabile che indossa la lingerie Fintissimi) o di provocazione culturale (come il caso del manifesto a tema «immaculata conceptio in vitro»). Nell’abitazione dell’artista, gli agenti fanno sapere di aver «trovato, e sequestrato, un poster e vario materiale cartaceo». Le opere d’arte divenute capi d’accusa erano state rivendicate online dall’autore, anche se dalla questura rivendicano di aver effettuato complicate operazioni investigative.