La coalizione saudita attacca Hodeida, la comunità internazionale si allarma perché qui arriva il 70% degli aiuti umanitari destinati a tutto lo Yemen, un ministro del governo yemenita filo-saudita assicura che il porto non sarà colpito e viene preso di mira l’aeroporto. L’obiettivo è bloccare i rifornimenti dei ribelli Houthi e i collegamenti con la capitale Sanaa, che dista 140 km.

PRIMA DELLA GUERRA Hodeida era importante per l’economia: a ovest si trova la piana della Tihama dove si concentrano le attività agricole, a nord c’è il terminal di Ras Isa dove confluiva il petrolio dei pozzi di Marib. Sul Mar Rosso, il porto di Hodeida è in acque abbastanza profonde per le navi che trasportano container. Fu costruito nel 1961 con la collaborazione sovietica: serviva uno scalo marittimo per commerciare con l’estero perché gli altri porti si erano insabbiati, l’Imam (il sovrano con pedigree religioso) non voleva dipendere per le importazioni e le esportazioni da Aden e dagli inglesi.

OGGI A HODEIDA ci sono 600mila civili in trappola, ostaggi in una guerra voluta dal principe ereditario saudita Muhammad bin Salman perché, dopo la primavera araba, nel 2015 i ribelli sciiti Houthi avevano preso il potere a Sanaa. Ma i sauditi, che reprimono gli sciiti anche nel loro regno, non possono permettersi che in un paese confinante ci sia al potere una minoranza religiosa (musulmana) che potrebbe dare il cattivo esempio alimentando istanze di autonomia e libertà.

In queste ore gli Houthi hanno chiesto rinforzi, difficilmente deporranno le armi. Da parte loro, i sauditi sono decisi ad andare fino in fondo. Due gli scenari: le truppe di Riyad e i loro alleati penetreranno in città, cercando di conquistare un isolato dopo l’altro; oppure metteranno Hodeida sotto assedio.

LA BATTAGLIA in ogni caso costerà migliaia di vite umane – ieri già 39 morti, 30 Houthi e 9 governativi – a cui vanno aggiunti gli 8 milioni che rischiano di morire di fame per i mancati rifornimenti di viveri e medicinali. Nei sopravvissuti sarà indelebile il ricordo delle famiglie sterminate dai bombardamenti, dalla denutrizione, dal colera. Appoggiando i sauditi e la loro coalizione, gli americani e gli europei alimentano l’odio di chi ha perso tutto, anche una parte della propria storia e identità nazionale, perché i sauditi hanno bombardato anche i siti archeologici e i musei. Sui nostri media, gli yemeniti non fanno notizia: i sauditi hanno messo in atto un blocco aereo-navale, gli abitanti di questo paese non riescono a varcare le frontiere e non diventano rifugiati.

VIENE DA DOMANDARSI perché i sauditi abbiano preso di mira Hodeida soltanto adesso: che fosse un nodo cruciale era ovvio, ne erano a conoscenza gli ottomani che occuparono la città a metà Ottocento. E lo sapevano i sovietici che, dopo aver firmato il trattato di amicizia con lo Yemen nel 1928, esportavano merci in Yemen attraverso un ufficio commerciale nel porto di Hodeida: mandavano farina, zucchero e persino caviale per gli alti dignitari della corte dell’Imam, mentre dallo Yemen importavano prodotti petroliferi, cereali, sapone e amido. Quella stessa missione commerciale organizzava le partite di calcio tra la popolazione locale e le squadre dell’equipaggio della nave sovietica Turkman ancorata in porto. Attività che misero in allarme gli inglesi, timorosi del diffondersi dell’ideologia comunista.

SONO OLTRE TRE ANNI che i sauditi hanno scatenato l’inferno sullo Yemen. Perché non hanno preso di mira Hodeida fin da subito? Forse non lo sapevano: gli studenti sauditi passano più tempo sui trattati teologici wahabbiti che sui libri di storia. Saranno stati i servizi di intelligence occidentali a dirglielo: a fianco dei sauditi ci sono i militari americani e di diversi paesi europei come il Regno unito e la Francia, per i quali il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman rappresenta uno dei clienti migliori.
Purtroppo, il principe è anche un partner per le Nazioni unite, che non hanno autorizzato questa guerra ma non hanno la volontà politica di fermare l’aggressione dei sauditi, i cui petrodollari servono a pagare i salari dei dipendenti dell’Onu Ma se non vogliamo ulteriori rifugiati in Europa, dobbiamo impedire ai sauditi di seminare distruzione.