Questi piedi che poggiano sullo stesso suolo dei miei sono i più co stosi e «virtuosi» del mondo. Indossano sandali con calzini bianchi e non sembra che abbiano niente di particolare, ma quando toccano la palla il mondo ferma la sua corsa. Sono tondi, piccoli, ben saldati a un paio di caviglie solide e graziose. Se si alza lo sguardo si scoprono gambe corte e sode, e più su dei fianchi che non sono da manichino, ma che si muovono come se fossero fatti di vimini. Più in alto c’è un torace ben tornito, non troppo muscoloso, sul quale Diego Armando Maradona indossa la maglia gialla del Brasile che ha sconfitto pochi giorni fa. E poi: ciglia folte, grosse labbra, capelli neri e l’orecchino.
Quando ci sono estranei in
casa sorride male, come se diffidasse di loro, e deve avere i suoi motivi. La cosa migliore, mi sembra, è di non adularlo, dargli del «lei», trattarlo con il rispetto che si ha per una persona che, al di là del calcio, deve avere i suoi sogni inconfessabili, le sue smanie infantili e un enorme desiderio di piacere per qualcosa di più che una partita di calcio.