Quando il 6 dicembre 1982 il video di Buffalo Gals di Malcolm McLaren & The World’s Supreme Team fu trasmesso durante la trasmissione Top of the Pops, all’epoca il programma musicale più popolare in tv, la cultura popolare inglese non sarebbe più stata la stessa. Di colpo i codici indecifrabili che raccontavano la nuova ondata creativa che arrivava dal South Bronx sembrarono rivelarsi ai più. L’impatto fu devastante, come quello di benzina gettata sul fuoco, un fuoco che accese l’immaginario giovanile. Da lì a breve nacque un movimento dirompente che aveva il suo fulcro nevralgico a Covent Garden, nel cuore del West End.
La cultura hip hop si inserì nella realtà inglese in un momento in cui la colonna sonora della nazione stava attraversando una fase di incredibile energia creativa, in uno stato di evoluzione continua: il punk, la new wave e il synth pop, ma anche reggae, funk, r’n’b e rare groove. Inoltre, sintetizzatori, campionatori, sequencer e drum machine erano più economici e accessibili, permettendo così di sperimentare nuovi approcci, alla ricerca di un sound sempre innovativo. Nel giro di dieci anni, sarebbero nate le controculture musicali che avrebbero plasmato gli anni Novanta: house, jungle, d’n’b, UK garage, e dubstep.
Il video di Buffalo Gals fu il primo prodotto mediatico hip hop mai pubblicato a rappresentare insieme le forme espressive dell’hip hop, il primo su entrambe le sponde dell’Atlantico. I frammenti visivi che McLaren incluse in poco più di tre minuti e la narrazione scelta generarono uno shock sufficiente a catalizzare un movimento giovanile nel Regno Unito. Il video aprì uno squarcio sulla realtà delle metropoli statunitensi, inoltre il montaggio con tagli rapidi, le veloci contorsioni corporee, i colori delle bombolette che invadevano lo spazio e il cromo scintillante della tecnologia, non fecero altro che aumentarne il fascino. In quel video c’era tutto: rap e scratching, graffiti colorati e, naturalmente, il più sorprendente degli stili di danza, il Bboying. Ovviamente, Londra non si trasformò all’improvviso nel South Bronx! Fu un’introduzione improvvisa, inaspettata che offrì possibilità per tutti, a prescindere dalle singole inclinazioni artistiche.

LE BASI
Come quella americana, la scena londinese si sviluppò soprattutto attraverso lo scambio di musicassette con le registrazioni delle performance dei migliori mc statunitensi. Coloro che avevano amici o familiari a New York o avevano la fortuna di andarci, diventarono una sorta di gatekeeper, i predicatori di quel nuovo verbo. Insieme alle cassette, anche le radio pirata ebbero un ruolo fondamentale nella diffusione dell’hip hop e infatti nell’ambiente controculturale rappresentavano i social network dell’epoca, molto prima di Facebook e Instagram. Negli anni Ottanta e primi anni Novanta, le stazioni illegali dominavano le onde radio inglesi fornendo uno sbocco vitale a quelle espressioni di strada che non erano rappresentate dalla cultura mainstream.
Il 1983 segnò un momento di svolta. Oltre all’uscita di Wild Style, docu-film che fornì una sorta di istantanea del South Bronx, Bertram Johnson, conosciuto come Dj Newtrament, pubblicò insieme agli Mc Sir Drew e Monoman quello che è considerato il primo singolo rap inglese, London Bridge Is Falling Down. Nonostante fosse una canzone che parlava della realtà inglese, con i suoi riferimenti ai boys in blue e con quelli espliciti contro la politica della Thatcher, il parlato aveva uno spiccato accento americano.
Questo elemento sarà una caratteristica comune di tutti i singoli rap pubblicati nella prima metà degli anni Ottanta. Dj Newtrament fu anche il fondatore del primo sound system hip hop di Londra, Rock Box. Le feste che organizzava si tramutarono in uno strumento di diffusione dell’hip hop a un pubblico sempre più vasto. All’epoca, quella scena germinale consisteva di piccole crew, per lo più all’oscuro di ciò che stava accadendo nelle altre aree della città, per questo quelle prime feste con sound system rappresentavano preziosissimi momenti di aggregazione e condivisione delle esperienze.

La copertina del libro «Original London Style»

 

A metà degli anni Ottanta, l’hip hop londinese si esprimeva soprattutto attraverso le performance di breaking e body popping a Covent Garden, le battle tra Mc a Spats, le jam all’Africa Centre e i warehouse party che si susseguivano settimana dopo settimana. Sempre accompagnati da mixer e casse più potenti possibile, i raduni live erano il fattore determinante, ma se la cultura dei sound system non avesse già seminato le strade delle periferie per così tanti anni, l’hip hop inglese sarebbe stato un’altra cosa.

UNO STILE UNICO
La cultura dei sound system, infatti, fortemente radicata nelle comunità etniche inglesi, plasmò profondamente il rap Uk sin dalle origini. Non a caso, Londra è la metropoli che più di ogni altra è in grado di far dialogare le diverse forme di espressione che nascono nelle periferie, per questo motivo l’hip hop sul suolo inglese seppe miscelare le influenze caraibiche, afroamericane e africane in uno stile unico e originale mettendo l’esperienza britannica nera al centro della diaspora atlantica, contribuendo così alla definizione di una cultura Black British.
Come sostiene il rapper Mc Mello: «Quando la cultura hip hop approdò in Inghilterra, grazie al reggae conoscevamo già i suoi elementi fondamentali. Per tutti coloro che seguivano la scena dei sound system fu molto semplice capire l’hip hop e affinare le nostre capacità, il look e l’attitudine in uno stile più British. Avevano in comune l’origine, la cultura e di base c’era la stessa energia». In questo senso, il sociologo britannico Les Back sottolineò come i londinesi neri «cercarono di adattare il rap all’estetica locale del sud di Londra. Il linguaggio e lo stile vennero intrecciati a simboli e riferimenti culturali dei caraibi e del Bronx, ripensati in un modo unico».
Il fascino del rap risiede nella sua capacità di mischiare più generi musicali, anche quelli più vecchi e famosi per creare qualcosa di nuovo. Nella scena inglese diversi furono i tentativi di plasmare generi e sottogeneri musicali nati all’interno della diaspora africana per adattarli alla realtà britannica in modo originale e innovativo. Così accadde anche per la cultura hip hop. I generi musicali nati nelle ex colonie caraibiche o sul suolo statunitense furono interpretati e rielaborati in forme anche radicalmente diverse.
I London Posse sono uno degli esempi più espliciti di questa unicità, poiché furono i primi a suonare in stile inglese. Con la pubblicazione di Money Mad e successivamente dell’album Gangster Chronicles fu come se avessero premuto il pulsante reset, cancellando la prima fase della scena e aprendo le porte a una nuova stagione del rap. Rodney P insieme a Bionic, i due Mc dei London Posse, cambiarono il volto e la storia dell’hip hop inglese, introducendo uno slang e un sound decisamente locali. È sufficiente mettere sul piatto del giradischi un loro disco per comprendere tutta l’eredità della scena dei sound system reggae; i London Posse rivoluzionarono i canoni espressivi classici dell’hip hop Usa per creare uno stile originale, espressione specifica della realtà inglese, ponendo l’esperienza britannica nera al centro della diaspora atlantica mettendola in dialogo le comunità con quella degli Stati Uniti e dei Caraibi, in modo tale che non privilegiasse una singola voce ma si presentasse come sfaccettata e innovativa. Dopo Gangster Chronicles la scena hip hop inglese non fu più la stessa!

* Autore del libro «Original London Style», uscito di recente da Agenzia X, 200 pagine, 15 euro