Nell’attacco del 4 aprile nel villaggio di Khan Sheikhun in Siria è stato usato gas sarin. Ad affermarlo, in un rapporto pubblicato ieri, è l’agenzia Onu Opac, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche.

Gas c’è stato e ha ucciso 87 persone, ma su chi lo abbia usato non c’è certezza. Lo determinerà un comitato congiunto Onu-Opac. Anche qui non si sa come: una missione non è stata mai inviata in Siria per le opportune verifiche, prima per il veto russo in Consiglio di Sicurezza e poi per la mancata accettazione della proposta della Russia, che chiedeva che venissero ispezionati sia la base aerea di Shayrat (da cui, secondo il fronte anti-Assad, sarebbe partito il raid a basi di armi chimiche) sia il luogo dell’attacco.

La questione non è di lana caprina, ma dirimente: quella base è stata bombardata due giorni dopo, il 6 aprile, da 59 missili Tomahawk sganciati dal presidente Usa Trump, lo stesso che negli ultimi giorni è tornato a minacciare Damasco accusandolo di voler usare il gas contro i propri cittadini.

Un nuovo caso di guerra preventiva, che sotto la maschera delle armi chimiche nasconde il conflitto totale contro l’Iran.

Ora il rapporto Opac potrebbe dar man forte ai pruriti bellici trumpiani. Eppure quel rapporto, visionato dall’Afp, non accusa Damasco: «Sulla base del suo lavoro, la missione è in grado di affermare che un ampio numero di persone, alcune delle quali decedute, è stato esposto a gas sarin o ad una sostanza simile».

All’epoca – e ancora oggi – il governo siriano e il suo principale alleato, la Russia, hanno negato l’uso di armi chimiche a Khan Sheikhun e spiegato la fuoriuscita di gas con il bombardamento (questo confermato da Damasco) che avrebbe colpito un magazzino di armi e diserbanti delle opposizioni, poi rivelatosi un luogo di stoccaggio di armi chimiche.

A riprova di questa tesi Mosca ha portato le immagini girate nel villaggio che mostrano – secondo la Russia – l’assenza di crateri, tipici di bombardamenti aerei.

Solo un’indagine immediata, sul posto, avrebbe potuto dare qualche certezza in più. In simili condizioni resta solo la logica: numerosi analisti e osservatori giudicano quanto meno strano che Damasco, in chiara posizione di forza rispetto ad un fronte delle opposizioni sempre più diviso, ricorra all’uso di gas per un’operazione che avrebbe potuto condurre con armi «convenzionali», sapendo di scatenare l’indignazione a comando della comunità internazionale.

Ad accusare Trump di aver palesemente mentito (come prima di lui George W. Bush e Tony Blair sul caso Iraq) è uno dei più noti e accreditati giornalisti d’inchiesta al mondo, il reporter che per primo ha svelato la vergogna di Abu Ghraib e il massacro di My Lay in Vietnam, Seymour Hersh.

In un articolo scrito per il giornale tedesco Die Welt, Hersh rivela che Trump «era stato avvertito dall’intelligence Usa che non era stata trovata alcuna prova di utilizzo di gas da parte dei siriani».

«L’intelligence aveva riferito chiaramente che il 4 aprile – scrive Hersh – i siriani avevano colpito un sito in cui si stava tenendo una riunione jihadista, usando una bomba russa equipaggiata con esplosivi convenzionali. […] “Non abbiamo nessuna prova che la Siria abbia avuto sarin – mi ha detto il consigliere-informatore – La Cia ha detto inoltre che non esisteva alcun residuo di sarin nella base di Shayrat».

Hersh parla di prove girategli da fonti Usa e che spiegano come Washington fosse stato messo al corrente dalla Russia dell’attacco del 4 aprile, diretto a eliminare leader dell’ex al-Nusra, di cui si sospettava la presenza nel magazzino, noto anche agli americani come deposito di armi, ma anche di disinfettanti e fertilizzanti rivenduti alla popolazione.

«Una valutazione delle forze armate Usa ha stabilito che il calore e la forza della bomba siriana – scrive Hersh sulla base delle informazioni ricevute – ha causato una serie di esplosioni secondarie che avrebbero generato un’enorme nuvola tossica sulla città, provocata dal rilascio dei fertilizzanti e dei disinfettanti immagazzinati nel seminterrato».

I sintomi riscontrati da Medici Senza Frontiere sui feriti erano tanto diversi da indicare «che ci sia stato più di un prodotto chimico», non solo sarin.