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Heller e Tscherkassky, lo schermo invaso da materiali vivi

Heller e Tscherkassky, lo schermo invaso  da materiali viviuna scena da Dreamwork di Peter Tsscherkassky

Filmmaker Organizzato e curato insieme a Atelier Impoupulaire, l'omaggio alla coppia di registi è la più completa proposta nel nostro paese. Si tratta di opere realizate con vecchie pellicole, stampatrici ottiche, raggi laser e dark room

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 29 novembre 2014

Alla fine la curiosità di capire come funzionano le cose tra una «coppia» che filma e realizza film a quattro mani l’ho sempre avuta. Straub-Huillet, Gianikian-Ricci Lucchi: chi fa cosa? Come viene distribuito il lavoro? Nel caso di Eve Heller e Peter Tscherkassky la situazione è ancora diversa, dato che questa coppia di filmmaker non lavora al medesimo progetto, ma ciascuno per conto suo. E allora, chissà perché, per un istante me li immagino in situazioni che potremmo ritrovare in film hollywoodiani, perfette commedie matrimoniali, tra liti, piccoli sabotaggi, molto understatement, qualcosa di prossimo a His Girl Friday (Hawks). E invece le cose non stanno neppure così. Divisi tra Vienna e l’Hudson River, Eve Heller e Peter Tscherkassky realizzano film magnifici, troppo concentrati sul materiale che stanno elaborando, filmando, per perdere tempo in bislacche liti di coppia. Sono due persone speciali. Realizzano film straordinari, solitari come artisti nel loro atelier, utilizzando strumenti che qui in Italia potrebbero sembrare esotici (provate a catapultarli a Roma, tra la crème del cinemino nostrano e provate a spiegare che lavorano con vecchie pellicole, stampatrici ottiche, raggi laser e dark room: potrebbero essere visti come strani animali in cattività).

In Italia Peter Tscherkassky è già stato. Ha mostrato alcuni dei suoi film a Bergamo e a Bologna. Il suo ultimo lavoro, Coming Attractions (2010) è stato presentato nella sezione Orizzonti, a Venezia, gestione Marco Müller. Il bel programma che Atelier Pupulaire (Pia Bolognesi e Giulio Bursi) ha concepito e che Filmmaker Festival ha accolto, ci dona la possibilità di vedere per la prima volta al cinema i film di Eve Heller, permettendoci anche un ripasso di quelli di Tscherkassky. Mercoledì 3 dicembre, giovedì 4.
I film di Eve Heller sono espressione di una straordinaria sensibilità filmica e umana.

Lavorando nella maggior parte dei casi su materiale già filmato da altri, su found footage (ma non è il caso del magnifico Self-Examination Remote Control – 1981-2010), i suoi film somigliano a piccoli haiku, magnetiche composizioni colloidali, rime in forma poetica. Last Lost (1996) Ruby Skin (2005) e soprattutto Her Glacial Speed (2001) sono composizioni filmiche così ispirate e concentrate nella loro breve durata che lasciano a bocca aperta, così come l’ultimo film da lei realizzato: Creme 21 (2013) un film che definirei lucreziano. Una riflessione sul tempo, il flusso gravitazionale degli atomi, la loro caduta, fino all’entropia. Un vero gioiello (fate attenzione al lavoro pazzesco svolto sulla colonna suono, giuntata, triturata: straordinario).

Attivo dall’inizio degli anni ’80, Peter Tscherkassky ha iniziato a filmare utilizzando formati amatoriali, ridotti, quali il Super8. Studente di Peter Kubelka, realizza film che – oltre a risultare dannatamente affascinanti, dinamici, esplosivi – fanno costantemente i conti con i materiali che lo compongono: striscia di pellicola, fotogrammi, colonna suono, proiezione. Alcuni titoli: Urlaubsfilm (1983) e prima ancora Erotique (1982), e poi Liebesfilm (1982), Tabula Rasa (1987-88).

Tscherkassky lavora filmando immagini in retro proiezione, e poi stampando e poi proiettando e ri-filmando. Il materiale è vivo, mai inerte, pulsa sullo schermo, si modifica, come qualcosa di organico. Il risultato è spesso stupefacente. Con Manufraktur (1985) inizia a sperimentare un nuovo metodo di lavoro, chiuso in una stanza buia, alle prese con strisce di materiale già filmato e pellicola vergine, più una piccola penna laser, copiando direttamente e trasferendo parti del materiale filmato sull’altro supporto. Come un copista amanuense.
Il risultato ha dello stupefacente. Molti suoi film verranno realizzati in questo modo: sono conosciuti come i Films from the Dark Room (tra questi, L’arrivée, Dream Work, Outer Space e Instructions for a Light and Sound Machine). Qualcosa di unico e impressionante, assolutamente da non perdere.

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