Parlava a voce bassa ieri sera Issa Amro, fondatore di “Giovani contro gli Insediamenti Colonici” (Yas, Youth Against Settlements), ong che da anni denuncia gli abusi che subisce la popolazione palestinese nella zona H2 di Hebron sotto il controllo militare israeliano. «Siamo circondati da centinaia di coloni ebrei e soldati israeliani – ha raccontato al manifesto – tutta la zona di Tel Rumeida è blindata, abbiano i militari fermi davanti all’ingresso della nostra sede. I coloni ci urlano slogan minacciosi. Di fatto qui a Tel Rumeida siamo sequestrati nelle nostre abitazioni, non possiamo uscire, neanche per procurarci del cibo. Va avanti così da questa mattina alle 5». In serata la situazione non si era ancora sbloccata e Amro ha continuato a lanciare l’allarme.

Lo Shabat, il sabato giorno di riposo ebraico, è coinciso con una stretta repressiva ancora più rigida nella zona H2 di Hebron, città della Cisgiordania dove la tensione è sempre più alta e in cui si concentra ormai buona parte della nuova Intifada palestinese. Ieri, dopo l’uccisione di una anziana palestinese accusata di aver tentato di investire con la sua auto dei militari israeliani, tre coloni sono stati feriti da colpi d’arma da fuoco a Beit Einun e nei pressi della Tomba dei Patriarchi. Subito Tel Rumeida, la parte alta di Hebron, e la zona H2 sono state blindate. «Le forze di occupazione – ha riferito un attivista italiano, Pietro Pasculli, da alcune settimane a Hebron – oltre a limitare la libera circolazione ai palestinesi hanno ordinato loro la chiusura di tutti i negozi fino a quando l’ordine militare non finirà…Chi non rispetterà l’ordine pagherà una multa di 5000 Shekel (circa 1200 euro, ndr). Le strade che si aprono nei pressi della moschea di Abramo (la Tomba dei Patriarchi, ndr) sono vuote. Va meglio ai coloni, i loro negozi possono rimanere aperti e la loro libertà di spostamento non è limitata».