«Sarebbe una vergogna per l’Unione europea», è il commento al manifesto di Nazmi Gur, responsabile Esteri della sinistra filo-kurda del Partito democratico dei Popoli (Hdp), al piano Ue-Ankara sull’immigrazione che battezzerebbe la Turchia come paese sicuro per fermare in Anatolia i profughi siriani diretti verso l’Europa. «Già è vergognoso che l’Ue negozi con i turchi su soldi e promesse senza avere nessun rispetto per i rifugiati», prosegue. «Qui in teoria non ci sono rifugiati perché siriani e kurdi non sono neppure registrati», continua Nazmi. «Questo accordo non aiuta a risolvere il problema. Servirebbe al contrario che l’Ue facesse pressioni sulla Turchia perché cambi la sua politica estera in Siria», conclude.

L’intesa Ue-Ankara sarebbe sulle spalle di rifugiati siriani e kurdi in Turchia. Solo ieri 534 migranti siriani, afghani e palestinesi sono stati arrestati nella provincia turca di Canakkale mentre tentavano di attraversare il mar Egeo. Se l’accordo passasse in via definitiva, la presenza turca in Eurogendforce, la polizia europea di frontiera, di fatto potrebbe comportare l’arresto e la successiva detenzione dei migranti, intenzionati a raggiungere l’Europa.

La segregazione di kurdi e siriani è iniziata questa estate quando Ankara ha annunciato la costruzione di un muro lungo il confine meridionale per fermare l’afflusso di profughi kurdi siriani che venivano da Kobane. In Rojava, Ankara ha imposto safe-zone anche per ammassare i profughi kurdi e impedire loro di raggiungere la Turchia. Per mesi il confine tra Kobane e Suruç è rimasto permeabile per i jihadisti di Isis e sigillato per profughi, aiuti umanitari e giornalisti.

Solo con l’aggravarsi della crisi (i profughi siriani in Turchia sono quasi due milioni), quando la questione dei rifugiati è diventata centrale per l’Ue, Ankara ha iniziato la registrazione dei profughi siriani per usare questi numeri esorbitanti per fare leva su Bruxelles: ottenere facilitazioni monetarie e non solo trasformando la Turchia in un carcere per siriani e kurdi. Per mesi i profughi di Kobane sono rimasti per le strade turche, dopo l’assedio di Isis. Solo quando ormai molti di loro erano rientrati in Siria o avevano raggiunto l’Europa sono stati aperti campi che sono rimasti deserti.

Con i ripetuti attacchi di Isis, i kurdi siriani hanno provato a lasciare il paese per raggiungere la Grecia. Tra di loro lo scorso settembre, sono annegate intere famiglie, incluso il piccolo Aylan Kurdi la cui immagine sul bagnasciuga di Bodrum ha fatto il giro del mondo.

Ma ad Ankara il clima è incandescente. Dopo la censura di Twitter e foto che rappresentano i momenti della strage costata la vita a 102 persone, la magistratura ha imposto il silenzio stampa sulle indagini in corso. La censura è stata sfidata da Hdp che ha continuato a criticare le rivelazioni su un improbabile coinvolgimento del Pkk nella strage. Sono oltre duecento i giornalisti in carcere in Turchia perché hanno espresso posizioni critiche nei confronti dei vertici dello stato che ha avuto un ruolo centrale negli attentati, confermato dalla rimozione del capo della polizia e dell’Intelligence.

A confermare che il voto del primo novembre si svolgerà in un clima di alta tensione, ieri Hdp ha depositato una denuncia al ministero dell’Interno riguardo a un piano per assassinare il leader carismatico della sinistra filo-kurda, Salahettin Demirtaş. Anche il leader del Pkk, Abdullah Ocalan avrebbe confermato questa possibilità in recenti colloqui con Demirtas e il vicepresidente di Hdp, Pervin Buldan.

Ma gli attacchi contro i kurdi alla vigilia del voto non si fermano qui. I combattenti delle Unità di protezione maschili e femminili (Ypg e Ypj) hanno duramente criticato un recente report di Amnesty International che ha denunciato alcune violazioni dei diritti delle minoranze da parte dei kurdi. «Abbiamo liberato 1500 villaggi arabi. Alcuni di questi sono diventati campo di battaglia tra noi e Isis, ed hanno subito dei danni. In alcuni villaggi, le battaglie sono proseguite per giorni», spiega in un comunicato il comandante Ypg Sipan Hemo. «Crediamo che questi report, e con queste tempistiche, mirino a colpirci e a fermare la nostra guerra contro Isis», conclude.